Le tensioni geopolitiche, gli choc economici e gli eventi climatici stanno ridisegnando la geografia della connettività legata alle infrastrutture considerate “critiche”. La domanda di nuove infrastrutture è già trainata dalla necessità di sostituire asset obsoleti (si pensi agli USA), da nuove esigenze di mercato (si pensi alla costruzione di data center o sistemi di accumulo) e da dinamiche demografiche (si pensi alla rapida urbanizzazione nei Paesi in via di sviluppo). Tuttavia, il mantra dell’efficienza, che per decenni ha guidato la globalizzazione e quindi gli investimenti infrastrutturali, sta lasciando maggior spazio a quello della resilienza nella pianificazione di reti logistiche, energetiche, idriche, digitali, militari o finanziarie. Perché questa tendenza è in atto?
Primo, i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente, la guerra ibrida nell’Est Europa e nel Mar Baltico e le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina hanno mostrato quanto la dipendenza da un numero limitato di fornitori o snodi geografici (choke points) possa essere strumentalizzata a fini militari o geoeconomici. Settori come energia, materie prime critiche e semiconduttori sono gli esempi più emblematici di tale dinamica: volontarie interruzioni di fornitura da parte di Stati o attori privati ostili possono danneggiare filiere industriali, minare la crescita economica e influenzare la stabilità altrui. Infatti, in nome del più alto e sempre più esteso concetto di sicurezza nazionale ed economica, un governo può far digerire ai propri cittadini costi rilevanti.
Secondo, la pandemia, la crisi di siccità a Panama nel 2023-24 o l’arenamento della Ever Given nel Canale di Suez nel 2021 hanno dimostrato come singoli eventi non certo dettati dalla logica di potenza possano bloccare una fetta rilevante del traffico commerciale globale per giorni, con effetti immediati e diffusi. Sono ben 27 i choke points nel mondo e gli choc climatici sono destinati ad aumentare nei prossimi decenni.
Terzo, l’integrazione rapida di nuove tecnologie è parte della soluzione per una maggiore resilienza delle infrastrutture (si pensi all’intelligenza artificiale o all'Internet of Things), ma può anche aumentare la probabilità di shock. L’espansione dei sistemi digitali interconnessi e delle infrastrutture critiche esposte al cyberspazio fa crescere il rischio sia di sovraccarichi nelle reti elettriche sia di attacchi informatici.
In un mondo in così rapido cambiamento occorre puntare sulla ridondanza (un concetto ampiamente in uso nel campo digitale) di linee produttive, reti infrastrutturali e rotte commerciali.
Due ragioni possono aiutare a capire l’importanza di investire in ridondanza per l’Unione europea. La prima è il cambiamento climatico: entro la fine del secolo, rispetto a oggi, le infrastrutture di trasporto europee saranno soggette in media a ondate di calore da 28,8 a 34,4 volte in più, siccità da 20 a 36,4 volte in più, inondazioni fluviali dal 20 all’80% in più, incendi boschivi dal 20 al 230% in più e cicloni tropicali dallo 0 al 10% in più.
La seconda ragione è il peso del commercio per il blocco comunitario. Sul piano economico, nel 2024 la somma delle esportazioni e importazioni extra-UE di beni e servizi è ammontata al 43% del PIL comunitario. Dal punto di vista strategico, l’UE ha la rete di accordi commerciali più ampia al mondo, con oltre 40 accordi che coinvolgono 76 Paesi; e la lista è destinata ad allungarsi.
La Strategia per la sicurezza economica dell’UE, presentata dalla Commissione von der Leyen a giugno 2023, va nella direzione giusta, perlomeno sulla carta. I rischi da monitorare rientrano in quattro macrocategorie:
- rischi per la resilienza delle catene di approvvigionamento, compresa la sicurezza energetica;
- rischi per la sicurezza fisica e la cybersicurezza delle infrastrutture critiche;
- rischi connessi alla sicurezza tecnologica e a fughe tecnologiche;
- rischi di strumentalizzazione delle dipendenze economiche o di coercizione economica.
Per affrontare e prevenire i suddetti rischi e rafforzare la resilienza della propria economia tra infrastrutture e commercio, l’UE si prefigge di agire su tre fronti: “promozione, protezione e partenariato”. E lo sta facendo da anni.
Sul primo fronte, va menzionato il completamento dell'infrastruttura transeuropea dei trasporti nell’alveo del rivisto Regolamento TEN-T. Sul secondo, vanno ricordate alcune iniziative come la Direttiva sulla resilienza dei soggetti critici o a quelle sui sistemi informativi e di rete. Sul terzo, la guerra in Ucraina e quella in Medio Oriente (con crisi del Mar Rosso annessa) hanno approfondito la riflessione in sede UE sullo sviluppo di corridoi commerciali alternativi più o meno nuovi, come l’India-Middle East-Europe Economic Corridor (IMEC), il Middle Corridor eurasiatico e i 12 Corridoi strategici in Africa nell’ambito del Global Gateway. La resilienza del sistema Europa passa da qui.
di Roberto Italia, Junior Research Fellow dell’ISPI Geoeconomics Centre
[immagine di Ronald Kötz da Pixabay]
