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Il risiko delle potenze nello spazio: le mosse sulla mappa geopolitica
Lo scenario globale vede sempre più paesi uniti dagli stessi ideali allineati tra loro anche nella nuova corsa allo spazio, mentre sorge una new space economy sempre più decisiva per la competizione industriale. Serve tuttavia una maggiore cooperazione internazionale per tutelare lo spazio come bene comune e per raggiungere i grandi obiettivi condivisi dell’umanità
Il risiko delle potenze nello spazio: le mosse sulla mappa geopolitica
Lo scenario globale vede sempre più paesi uniti dagli stessi ideali allineati tra loro anche nella nuova corsa allo spazio, mentre sorge una new space economy sempre più decisiva per la competizione industriale. Serve tuttavia una maggiore cooperazione internazionale per tutelare lo spazio come bene comune e per raggiungere i grandi obiettivi condivisi dell’umanità
La grande accelerazione. Questa può essere la definizione più appropriata per descrivere gli eventi che, dalla fine dello scorso decennio, hanno dato vita ad una nuova corsa allo spazio. Diversamente da quella vissuta tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta, in cui si trattava essenzialmente di una corsa a due (Stati Uniti e Unione Sovietica), oggi si incontrano molti più attori impegnati. Più Paesi, come gli Stati del Golfo, ma anche India, Giappone e Brasile. Dall’altro, è iniziato l’ingresso su larga scala di attori privati, che stanno ridisegnando le regole del gioco e rendono le norme del diritto spaziale elaborate alla fine degli anni Settanta oggi largamente desuete.
Gli schieramenti
Inoltre, lo scenario internazionale della nuova corsa allo spazio sembra replicare gli schieramenti che attualmente si stanno confrontando nelle più ampie relazioni internazionali, con Paesi like-minded allineati anche nella corsa allo spazio. La Luna sembra essere il prossimo passo del confronto geopolitico nello spazio. Da una parte, Stati Uniti, insieme a molti altri Paesi occidentali, del Golfo e dell’America Latina che sono impegnati nel programma Artemis targato NASA, che prevede il ritorno dell’uomo e della prima donna sulla Luna entro il 2026, per poi procedere alla costruzione di una base cislunare e alla presenza stabile sulla Luna, con la prospettiva di andare verso Marte.
Dall’altra parte, Cina e Russia sono impegnate nella costruzione di una stazione permanente di ricerca sulla Luna (ILRS) entro il 2036, impegno che vede coagulare l’interesse di un numero sempre maggiore di Paesi del Global South. In questo contesto si inserisce la recente dichiarazione di Yuri Borisov, capo dell'agenzia spaziale russa Roscosmos, con cui lo scorso 5 marzo ha affermato che Russia e Cina stanno valutando la possibilità di installare una centrale nucleare sulla Luna entro il 2035. Ribadendo l’assoluta volontà russa di non installare armi nucleari nello spazio, ha sottolineato che una centrale nucleare sulla Luna potrebbe fornire elettricità sufficiente per alimentare i futuri insediamenti lunari. Pur non facendo riferimento esplicito ad ILRS, una centrale di energia nucleare potrebbe evidentemente fornire energia anche alla già annunciata stazione lunare sino-russa.
In queste iniziative congiunte assume un peso sempre più preponderante la Cina, con un ruolo di junior partner ormai assegnato a Mosca, in particolare dopo il fallimento della recente missione di Mosca sulla Luna. L’idea di Pechino di costruire alleanze nel campo spaziale è centrale anche nel quadro della Stazione spaziale cinese Tiangong, da poco operativa e che diverrà uno strumento geopolitico cruciale, soprattutto dopo lo smantellamento della Stazione spaziale internazionale (ISS) all’inizio del prossimo decennio.
Tuttavia, come anticipato, altri attori si stanno affacciando in modo efficace sullo scenario della nuova corsa allo spazio. L’India, ad esempio, ha lanciato una nuova strategia spaziale lo scorso anno, aprendo al settore privato, e nell’agosto 2023 è diventata il quarto Paese a far atterrare un veicolo spaziale sulla Luna. Nel Golfo, Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti sono impegnate in prima linea nell’accesso autonomo allo spazio, e giocano spesso sulla cooperazione con entrambi i “blocchi”. Nel grande gioco dello spazio anche l’Africa intende condurre la propria partita. Per ora nessun Paese è dotato di un accesso autonomo allo spazio, ma si moltiplicano le collaborazioni tra i maggiori Stati africani e maggiori Potenze spaziali, Cina in particolare, per creare reti nazionali di satelliti a duplice uso civile e militare.
Le criticità per l'Unione europea
L’Unione europea, d’altro canto, sta cercando di recuperare un accesso autonomo allo spazio, attraverso i nuovi lanciatori Ariane 6 e VEGA C, che dovrebbero essere pronti entro il 2024. Si tratta di un pilastro fondamentale della più ampia autonomia strategica europea, soprattutto per rimanere competitivi nella corsa allo spazio. Tuttavia, è necessario guardare oltre: le maggiori aziende americane, tra cui Space X, sono già in grado di utilizzare lanciatori riutilizzabili, abbattendo notevolmente i costi di lancio. L’Europa, da questo punto di vista, deve accelerare e favorire (anche attraverso venture capital) lo sviluppo di nuove tecnologie e di una filiera economica e industriale spaziale che riesca a stare al passo con i maggiori competitor internazionali, soprattutto sostenendo il partenariato tra attori pubblici e privati. In tal senso, centrale risulta essere l’Alleanza europea sui lanciatori spaziali, creata nell’ambito della Strategia industriale europea.
Il ruolo dei privati
In effetti, la nuova corsa allo spazio non può prescindere dal ruolo del settore privato, sempre più centrale nell’offrire servizi ad altri attori privati ma anche alle stesse agenzie spaziali quali la NASA, ad esempio assicurando sistemi di trasporto da e verso la Stazione spaziale internazionale. Si può dire, infatti, che Space X (ancor di più nel prossimo futuro attraverso il veicolo di lancio Starship) sia diventata il perno centrale per garantire l’accesso autonomo allo spazio degli Stati Uniti e per permettere l’avanzamento del programma spaziale americano. Grazie alla riduzione dei costi di lancio, passati da 65mila dollari al chilogrammo agli attuali 1.500 dollari al kg (con ulteriori prospettive di discesa), nuove attività spaziali risultano sempre più accessibili, in particolare il lancio di satelliti anche da parte di piccole e medie aziende, o da parte di grande aziende nella forma di costellazioni. Il programma Starlink di Elon Musk ne è un chiaro esempio, con la creazione di una mega costellazione di satelliti per offrire un servizio di connettività Internet alta velocità a livello globale. In ragione di questo repentino sviluppo, attualmente più di 8.300 satelliti sono attivi in orbita, che potranno diventare oltre 40mila entro pochi anni.
Inedite sinergie
La nuova corsa allo spazio si sta dimostrando capace di favorire una crescita stabile e sostenibile dell’industria spaziale, ribattezzata “new space economy” per differenziarla dall’economia spaziale che si è sviluppata durante la guerra fredda tra Stati Uniti ed Unione Sovietica. La differenza più significativa tra la vecchia e la nuova corsa allo spazio è la crescente sinergia che si sta sviluppando tra i tradizionali attori dello scenario spaziale, principalmente pubblici, e il settore privato. Questo radicale cambiamento nell’industria ha permesso di ridurre notevolmente i costi in quei settori in cui gli attori privati hanno iniziato ad agire secondo regole di mercato, dando un notevole impulso all’innovazione. Secondo le più recenti stime della Space Foundation, il valore della new space economy è aumentato per sette anni consecutivi dal 2015 al 2022, arrivando quasi a raddoppiare il suo valore in meno di un decennio. Se nel 2015 infatti era di poco superiore ai 300 miliardi di dollari a livello mondiale, nel 2022 è stato raggiunto un picco di 546 miliardi di dollari.
Investimenti e sviluppi
Tradizionalmente il valore stimato della space economy si basa su attività upstream (infrastrutture spaziali, satelliti, vettori, stazioni spaziali) e downstream (servizi che vengono sviluppati a terra basandosi sui dati raccolti dai dispositivi in orbita). L'upstream, abilitando il downstream, rappresenta un mercato di 280 miliardi di dollari, guidato da investitori come Paul Allen, Richard Branson, Jeff Bezos ed Elon Musk. Attualmente, il segmento satellitare è il più attenzionato da imprenditori ed investitori attraendo l’88% degli investimenti totali (circa 246 miliardi di dollari per il periodo 2014-22), seguiti dalle società impegnate in servizi di lancio, con circa 28,9 miliardi nello stesso periodo.
La new space economy presenta opportunità di sviluppo in diversi settori. L'esplorazione spaziale offre prospettive per applicazioni commerciali diffuse, come ad esempio il turismo spaziale. Un ruolo sempre più importante sarà inoltre giocato nel corso dei prossimi anni dalla costruzione e dall’esercizio di nuove stazioni spaziali commerciali, che saranno un volano fondamentale per lo sviluppo di nuovi settori della new space economy e di tecnologie innovative. È da inserire in questo contesto la recente missione Ax-3 di Axiom Space che è rientrata sulla Terra a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX lo scorso 9 febbraio, concludendo così la terza missione privata di astronauti sull’ISS.
Grazie allo sviluppo tecnologico e alla riduzione consistente dei costi di lancio, inoltre, si sta aprendo una vera e propria “corsa all’oro spaziale”, ossia tutti quei minerali critici come cobalto, nickel, iridio, platino, selenio e gallio. Si tratta di materiali fondamentali per applicazioni industriali quali le turbine eoliche, le batterie, i veicoli elettrici, i pannelli fotovoltaici e i semiconduttori. Dagli asteroidi e da altri corpi celesti (come Luna e Marte) potrebbe quindi venire un importante contributo per la transizione energetica della Terra.
I rischi per la sostenibilità
Si pone, tuttavia, il problema sempre più pressante della sostenibilità delle attività spaziali. L’aumento esponenziale dei lanci, il crescente numero di satelliti in orbita, nonché esperimenti di carattere militare condotti dalle maggiori Potenze spaziali (come i test di armi anti-satellite perseguiti da Stati Uniti, Cina, e più recentemente nel 2021 dalla Russia), hanno prodotto un numero molto elevato di detriti spaziali, che rappresentano anche un forte elemento di pericolosità per le attività spaziali stesse. Importante è quindi la decisione unilaterale degli Stati Uniti del 2022 di una moratoria sui test antisatellite, seguita da misure analoghe di molti paesi occidentali e da una risoluzione non vincolante dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ulteriori preoccupazioni su questo fronte sono arrivate recentemente dall’annuncio da parte degli Stati Uniti, che hanno accusato la Federazione Russa di voler costruire un'arma nucleare antisatellite nello spazio. Nonostante la Russia abbia negato le accuse, l’episodio ha destato molta preoccupazione a Washington poiché la detonazione di un’arma di questo tipo potrebbe interrompere qualsiasi tipo di comunicazioni, da quelle militari ai servizi di navigazione telefonica.
Come emerge da questo quadro generale, lo spazio è un bene comune globale e la cooperazione è fondamentale per raggiungere obiettivi condivisi di importanza cruciale, come la mitigazione del cambiamento climatico, nonché per la ricerca di nuove tecnologie per garantire i progressi in diversi campi, come l'energia e la medicina. Soprattutto, l'esplorazione dello spazio è un'attività costosa che richiede le tecnologie più avanzate: la cooperazione internazionale creerebbe economie di scala, evitando così sovrapposizioni e inefficienze, e riducendo lo spreco di risorse finanziarie.
Quello che ancora manca è un accordo condiviso su un nuovo quadro globale di regole che governino lo spazio esterno. In particolare, manca un regime normativo adeguato all’attività delle imprese private. Questo aspetto è di fondamentale importanza per garantire uno sviluppo ordinato e sostenibile delle attività spaziali, per evitare conflitti e promuovere la cooperazione internazionale. Il rischio altrimenti è quello di generare nuovo caos oltre i limiti della nostra atmosfera.
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Probabilmente la cosa che viene in mente più spesso quando si parla di space economy è il viaggio a bordo di un razzo. Come quelli che Elon Musk, Jeff Bezos e Richard Branson hanno fatto e vorrebbero offrire con le loro aziende spaziali appositamente fondate. Quei viaggi, per quanto grandiosi (e cari), non sono però che la piccola parte di un settore che vale centinaia di miliardi di dollari. Così nuovo e in crescita che si fa fatica a calcolarlo.
Se l’Eurostat ha lanciato un’iniziativa per definire statistiche in grado di attribuirgli un valore, la Space Foundation stima circa 600 miliardi raggiunti nel 2023. Merito non dei razzi, ma dei satelliti: oltre 8mila oggetti orbitanti intorno alla Terra, di cui la metà attivi, da cui dipende anche la nostra quotidianità. Perché se lo è l’economia, anche la società ha già un che di spaziale.
E dallo spazio astronomico al cyberspazio il passo è più breve e pericoloso di quanto si possa immaginare. Ne abbiamo parlato con Matteo Lucchetti, direttore di Cyber 4.0 (nella foto sotto, Ndr), il Centro di Competenza nazionale ad alta specializzazione per la cyber security promosso e finanziato dal Ministero per lo sviluppo economico per accompagnare imprese e pubbliche amministrazioni verso una digitalizzazione sicura.
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