Lo stabilimento di ABB Italia a San Giovanni Valdarno (Arezzo)

Lo stabilimento di ABB Italia a San Giovanni Valdarno (Arezzo)

«L’elettrico avanza, anche con noi. Ma in Italia serve una politica mirata»

A oltre un anno dall’avvio l’impianto di ABB Italia ha una produzione assorbita per l’80% dall’estero, ed è già pronto a essere ampliato. «A frenare la diffusione del mercato elettrico in Italia è la mancanza di una politica di interventi mirati a livello nazionale», secondo Antonio De-Bellis, e-mobility lead manager e vicepresidente di Motus-E

Un investimento da 27,97 milioni di euro per creare uno stabilimento di produzione di stazioni di ricarica elettrica a corrente continua, «un centro di eccellenza a livello globale» capace di fabbricare un impianto ogni 20 minuti, a oggi in buona parte rivolto al mercato estero: così ABB E-Mobility, controllata italiana del gruppo ABB, nell’estate 2022 ha avviato il suo più grande impianto di questo genere nel nostro paese, a San Giovanni Valdarno (Arezzo).

La multinazionale elettrotecnica svizzero-svedese con sede a Zurigo opera nella robotica, nell’energia e nell’automazione in oltre 100 Paesi e ha chiuso il 2022 con un fatturato di 27,5 miliardi di euro. Antonio De Bellis (nella foto sotto, ndr), e-mobility lead manager di ABB Italia e vicepresidente di Motus-E ricorda che «in Italia ABB vanta una lunga tradizione di siti produttivi che oltre a servire il mercato domestico, esportano prodotti in tutto il mondo. Lo stabilimento di San Giovanni Valdarno è un centro di eccellenza a livello globale».

failla de bellis

Quante stazioni produce?

«La fabbrica è già in fase di ampliamento per soddisfare la crescente domanda e predisporsi a gestire i futuri sistemi di ricarica come quelli di tipo mega charging. Sono attive sette linee di produzione, con una produzione di una stazione di ricarica ogni 20 minuti. L'apertura del nuovo stabilimento ha consentito di produrre oltre 10mila stazioni in più all'anno. Stiamo inoltre realizzando un nuovo magazzino che ridurrà ulteriormente l’impatto delle movimentazioni, soprattutto dei prodotti finiti, migliorando il contributo alla riduzione delle emissioni di CO₂». 

Quale complessità tecnologica si cela dietro queste colonnine?

«Le stazioni di ricarica sono costituite da un insieme di tecnologie che coniugano l’erogazione di energia elettrica ad alta densità a corrente continua con un'elaborazione costante di dati scambiati tra il veicolo e la colonnina, nonché tra la colonnina e il backend di gestione a livello superiore. Contabilizzano l'energia erogata per la sua elaborazione a fini commerciali o di imputazione dei costi e sono collegate e connesse in tempo reale per monitorarne costantemente il funzionamento. Le colonnine devono supportare le differenti tipologie di reti elettriche e le condizioni climatiche che si trovano in giro per il mondo. In quanto sono sistemi digitali connessi, sempre più attenzione è posta agli aspetti di sicurezza, per contrastare la vulnerabilità informatica. Una colonnina, nella sua “semplicità” è il risultato di un’interazione e una cooperazione tra differenti competenze ingegneristiche, dove si ha successo quando si riesce a portare l’innovazione tecnologica alla riproducibilità su scala industriale». 

Quante colonnine vendete in Italia? Quante ne esportate?

«L’Italia non è tra i paesi dove la mobilità elettrica ha raggiunto un'elevata penetrazione e quindi la maggior parte delle stazioni prodotte a San Giovanni Valdarno è destinato ai paesi del Nord Europa e agli Stati Uniti, che da soli coprono circa l’80% della produzione. Per quanto riguarda l’Italia le prospettive sono positive, confortate dalla crescita delle colonnine installate. L'ultimo report di Motus-E, rilasciato lo scorso mese di giugno, indica che negli ultimi dodici mesi ne sono state installate oltre 14mila arrivando a un totale di oltre 45mila. In particolare, un quarto delle aree di servizio nelle autostrade è dotato di infrastrutture di ricarica. Sommando tutte le tipologie di colonnine in commercio, ABB, leader di mercato, ha venduto nel mondo oltre un milione di stazioni di ricarica per veicoli elettrici». 

Quali fattori penalizzano il mercato della mobilità elettrica in Italia?

«A frenare la diffusione dell’elettrico in Italia è la mancanza di una politica di interventi mirati a livello nazionale che, tra l’altro, implicherà anche il mancato raggiungimento degli obiettivi di crescita delle auto elettriche al 2030 riportati con l’ultimo aggiornamento del Piano energia-clima (Pniec). È sempre più urgente utilizzare in modo maggiormente efficace le risorse già stanziate per il settore, intervenendo sul cap di prezzo per accedere agli incentivi, estendendo le agevolazioni in forma piena anche per le flotte aziendali, per i noleggi e rivedendo la fiscalità con vantaggi specifici per chi sceglie la mobilità elettrica». 

Quali sfide comporterà l’elettrificazione del trasporto pesante?

«Per quanto riguarda il traffico pesante su camion si stima che l’85% operi facendo la spola o rotte prestabilite. Questa situazione determina una situazione favorevole per il passaggio all’elettrico. Per garantire la ricarica e l’autonomia nel tempo di sosta si è sviluppato un nuovo standard di ricarica MCS, detto anche “Mega Charging”. I primi prototipi sono già stati rilasciati dallo stabilimento di Valdarno. Oggi si stanno gettando le basi per iniziare ad avere dal 2025 una riduzione dell’impatto ambientale anche da parte del traffico pesante. C’è tempo per raggiungere gli obiettivi, ma abbiamo bisogno del supporto della politica».


Giuseppe Failla - Graduated in law, he began his carees as a correspondent for local publications in 1994 in Milan, where he works on the Tangentopoli affair, too. After a long time as a free lance he arrives in one of the major Italian radio and later he joins a financial newsroom, where he is editor in chief, today. He contributed for a long time with Il Foglio, Riformista, Indipendente and Panorama. He is also a media training teacher, today.

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