A road crossing in Japan

"La percezione è cruciale: i consumatori devono sentirsi sicuri nell'affidarsi a veicoli autonomi", dice il professore Giulio Salvadori

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«È tempo di cambiare marcia per una mobilità connessa e sostenibile»

Dalla smart road alla guida autonoma, dai servizi MaaS all'auto connessa: la transizione digitale della mobilità offre numerose opportunità che coinvolgono costruttori, infrastrutture, reti, amministrazioni e utenti. Ma a che punto siamo davvero? Ne parliamo con Giulio Salvadori, direttore Osservatorio Connected car & Mobility del Polimi che ha appena reso noti i dati di ricerca

Se dovessimo elencare le grandi questioni globali del nostro tempo, avremmo pochi dubbi. Cambiamento climatico, fabbisogno energetico, intelligenza artificiale. Nessuna attività umana le tocca di più, in contemporanea, di quelle legate ai trasporti e alla logistica.

La mobilità sta vivendo trasformazioni epocali, con effetti enormi sull’economia, sull’ambiente e sulle nostre vite quotidiane. Perché si realizzino, però, è necessario accelerare. “Accelerare verso una mobilità connessa e sostenibile” perché “è tempo di cambiare marcia”, come esorta fin dal titolo l’ultimo convegno organizzato dall’Osservatorio Connected Car and Mobility del Politecnico di Milano.

Dalle applicazioni concrete di concetti come Mobility-as-a-Service (MaaS) e V2X (Vehicle-to-everything) alla guida autonoma nel contesto delle innovative Smart Road, passando per le difficoltà commerciali dell’auto elettrica e la minaccia della Cina alla filiera economica europea, abbiamo intervistato il direttore dell’Osservatorio, Giulio Salvadori, per sapere a che punto siamo.
 

Quali sono i principali temi affrontati nel convegno e il loro impatto sul futuro della mobilità?

«La ricerca che abbiamo presentato durante il convegno copre tre temi principali: elettrificazione, connettività e guida autonoma. I dati ottenuti si basano su interviste fatte a oltre mille utenti, circa 100 dealer concessionari e 200 autoriparatori. Per quanto riguarda l'elettrificazione, il focus è sulla transizione verso veicoli elettrici e ibridi, esplorando questioni come i costi, l'autonomia delle batterie e le infrastrutture di ricarica. La connettività riguarda l'integrazione di tecnologie digitali nei veicoli. Infine, la guida autonoma sarà esplorata attraverso lo sviluppo dei sistemi ADAS (Advanced Driver Assistance Systems)».


Come sta evolvendo il mercato delle auto connesse in Italia?

«La connettività permette di sviluppare nuovi servizi personalizzati e modelli di business, come la manutenzione predittiva e le offerte basate sull'uso del veicolo. Oggi in Italia le auto connesse sono 16 milioni e rappresentano il 45% del parco circolante, con previsioni che stimano 24,5 milioni di auto connesse entro il 2026. I sistemi ADAS comprendono tecnologie come il monitoraggio dell'angolo cieco e il mantenimento della corsia, che diventeranno obbligatori sui nuovi veicoli da luglio 2024. Sono fondamentali non solo per migliorare la sicurezza stradale, riducendo gli incidenti fino al 20%, ma anche per preparare il terreno alla guida autonoma».


Quali sono le principali sfide che dobbiamo affrontare nel contesto della transizione verso la mobilità elettrica?

«Nel primo quadrimestre 2024 solo il 6% delle auto immatricolate in Italia sono elettriche. Vediamo se la situazione cambierà con gli incentivi che partono da giugno. Il primo limite sono i costi elevati dei veicoli elettrici, percepiti come proibitivi dal 50% dei consumatori. L'autonomia delle batterie è un altro problema, con il 30% degli utenti preoccupati. Nonostante alcuni modelli offrano autonomie tra 400 e 500 km, la durata reale può diminuire con il tempo e l'uso. Il 22% dei consumatori ritiene poi che le infrastrutture di ricarica siano insufficienti, sebbene l'Italia abbia un punto di ricarica ogni 8,9 veicoli elettrici, un rapporto positivo rispetto alla media di paesi come Francia e Regno Unito, dove i veicoli sono però certamente di più. Anche i tempi di ricarica, menzionati dal 20% degli intervistati, sono un ulteriore ostacolo. Ci sono poi dei falsi miti. C’è chi teme che la rete elettrica nazionale non possa sostenere un grande incremento di veicoli elettrici, ma si prevede un aumento totale del 4% sulla rete e del 5% sui picchi giornalieri entro il 2030».
 

Con l'arrivo di produttori cinesi nel mercato delle auto elettriche, quali sfide e opportunità si presentano per l'industria europea?

«Le auto cinesi offrono buone performance a prezzi competitivi. Questo farà crescere la domanda ma mette sotto pressione i produttori europei. Ma il problema, più che il singolo produttore o i veicoli, riguarda l’intera filiera. La Cina domina la produzione di batterie, con aziende come CATL e BYD in testa. E anche se l'Europa riuscisse a produrre batterie internamente, molte materie prime necessarie provengono comunque dalla Cina. Per mantenere la competitività, l'Europa dovrà a mio avviso diversificare le fonti di approvvigionamento e investire in tecnologie alternative, come i biocarburanti e, in futuro, l'idrogeno. C’è poi un'altra questione, che riguarda i dati conferiti dalle auto connesse. Nel settore automobilistico rappresentano un valore, perché permettono di conoscere meglio i clienti e così fare design di prodotto ed efficientare i processi. L’auto sarà sempre più come uno smartphone, per questo il mercato di software per i veicoli fa gola a tanti. Le case produttrici da sole non riescono a gestirli appieno, quindi si alleano con grandi player della tecnologia. Ecco, ad investire in questo ambito sono sempre più spesso quelli cinesi, mentre Apple per esempio ha interrotto il suo programma decennale sulla guida autonoma».
 

Può illustrarci l'attuale stato dei progetti di smart road in Italia e come possono influenzare la mobilità?

«Attualmente ci sono 258 progetti di smart road a livello globale dal 2015, di cui 19 in Italia. In sostanza consistono nell'installazione di sensori per monitorare le condizioni stradali e comunicare in tempo reale con i veicoli rendendoli “intelligenti”. Tra 2021 e 2022 il numero di progetti è aumentato del 48%, con 71 progetti già in corso nel 2023. Le smart road sono essenziali per la guida autonoma perché forniscono dati cruciali che permettono ai veicoli di navigare in modo sicuro ed efficiente, e poi di rendersi sempre più “autonomi”».
 

Come vede allora l'evoluzione della guida autonoma, in particolare dei robotaxi?

«L'adozione su larga scala dipenderà dall'accettazione pubblica e dallo sviluppo normativo. La percezione è cruciale: i consumatori devono sentirsi sicuri nell'affidarsi a veicoli autonomi. A livello normativo, poi, è necessario sviluppare regolamenti chiari che garantiscano la sicurezza e l'affidabilità di questi sistemi. In questo contesto i robotaxi hanno un enorme potenziale sul cosiddetto “ultimo miglio”. Possono collegare i passeggeri dalle stazioni di trasporto pubblico alle loro destinazioni finali e ridurre significativamente il numero di veicoli privati sulle strade, limitando il traffico e l'inquinamento. Oggi aziende come Waymo, Baidu e Cruise stanno già testando i loro servizi in città come San Francisco e Pechino».


Federico Gennari Santori - Giornalista professionista specializzato in tecnologie ed economia del digitale, collabora e ha collaborato con Wired, Corriere della Sera, Fortune, Eastwest, Rivista Studio, Pagina99, Lettera43. Si occupa di web marketing e content strategy, materie per le quali ha svolto attività di docenza presso la Sapienza - Università di Roma, Talent Garden e Digital Combat Academy.

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