Come viaggiamo oggi? Le 5 tendenze del turismo moderno
Il 2026 si profila come un anno di transizione importante, in cui il viaggio non sarà più soltanto un’esperienza da vivere, ma un modo per esprimere chi siamo, i nostri valori e la nostra visione del mondo
Io, l’altro e il satellite
Il navigatore GPS è ormai indispensabile ma come cambiano il viaggio, l'esperienza del territorio e le nostre competenze sociali e cognitive? Quali rischi implica questa mediazione tech con l'immediato vicino?
Il ruolo delle infrastrutture critiche tra tensioni geopolitiche e choc globali
Un nuovo equilibrio tra efficienza, difesa e resilienza è necessario per le reti logistiche, di comunicazione e approvvigionamento. Ecco le priorità che danno forma alle nuove infrastrutture in un mondo in rapido cambiamento
«Il turismo come motore di pace nel Mediterraneo. Ma con strategia»
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«Sì, viaggiare è ancora bellissimo. Ma per farlo ti serve una filosofia»
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Geopolitica, economia, green e tech: i 4 scenari per il futuro del turismo
Geopolitica, economia, sostenibilità e tecnologia stanno ridisegnando il turismo verso il 2030. Opportunità e rischi si intrecciano. Ecco lo scenario immaginato dal World Economic Forum.
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Da risorsa a problema sociale? L’insostenibile paradosso del troppo turismo
Il caro-affitti, l’affollamento indiscriminato e lo sfruttamento delle risorse naturali impongono il ripensamento di un modello di sviluppo turistico che sta mostrando i suoi limiti. Con un jolly da giocare: la mobilità sostenibile
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Nessuna industria quanto quella turistica ci porta dritto nelle contraddizioni della contemporaneità. L'esperienza del viaggio, dello svago, della vacanza, del riposo sono aspetti fondamentali della vita, ma il loro sfruttamento intensivo negli ultimi anni è diventato un problema sociale e ambientale, che grava su città e comunità locali.
La questione si pone innanzitutto in termini di numeri. Il settore, dopo la pausa forzata del Covid, ha ripreso la sua evoluzione esplosiva: per l'Italia nel 2025 si stimano oltre 146 milioni di turisti, con un aumento di 6,6 milioni rispetto all'anno precedente. Anche a livello globale, il numero di persone che viaggiano è in crescita, con un potenziale totale di circa 690 milioni di turisti nella prima metà dell'anno.
Il risultato di questi numeri è una pressione quasi insostenibile sui luoghi più turistici, che sta diventando allo stesso tempo un problema sociale e un tema politico. In tutte le grandi metropoli europee sono nati movimenti contro la turistificazione e i suoi sintomi più evidenti (affollamento, terminal crocieristici, affitti brevi). A prescindere dalle questioni locali, questi movimenti chiedono tutti la stessa cosa: dare un senso del limite all'industria turistica, per cercare un compromesso necessario tra la fame del settore e i bisogni abitativi, economici e di mobilità delle persone che vivono i luoghi, non traggono nessuna utilità dal turismo ma ne pagano comunque molti dei costi.
Possiamo dire che quella del 2025 è stata la prima estate in cui il dibattito pubblico è esploso e il turismo è stato finalmente trattato anche come un problema sociale. Una delle voci chiave sul sovra sfruttamento turistico è la giornalista Cristina Nadotti, che nel 2025 ha pubblicato per Edizioni Ambiente il saggio Il turismo che non paga. Secondo Nadotti, ci sono dei segnali positivi di una maggiore consapevolezza sul fatto che il turismo rappresenti allo stesso tempo una risorsa economica e un problema per le comunità locali. «È a tutti gli effetti un'industria estrattiva, oggi è indispensabile un'innovazione che parta dalla constatazione che il modello usato finora non potrà funzionare per sempre, che serve una gestione diversa dei flussi».
Da un punto di vista politico, le risposte più efficaci sono arrivate dal livello delle amministrazioni locali, quelle più vicine ai cittadini e che percepiscono di più i costi di questa industria estrattiva. «Quello che sta mancando però è il livello nazionale, dove si punta ancora a una crescita infinita, sia a livello di politiche che di comunicazione». Sono sempre più diffuse le certificazioni di sostenibilità delle destinazioni, come il protocollo GSTC elaborato dalle Nazioni Unite, e le località si stanno dotando di destination manager per gestire i conflitti. Tra i luoghi italiani certificati ci sono le città di Trento, Rovereto, Siena, ma anche la Via degli Dei o la Valsugana. Le regolazioni degli affitti brevi nelle città (anche con la stretta sulle keybox di Firenze, Milano e Roma) hanno fatto scendere gli annunci da 75mila a 66mila, allentando la pressione sui centri urbani. Alcune destinazioni hanno iniziato a gestire gli afflussi di auto (come Ayas, Monte Rosa, che ha potenziato il servizio navette), o gli ingressi (diverse località in Sardegna).
Quello che manca è un coordinamento nazionale delle politiche. Nadotti invoca quello che secondo molti esperti è il cambio di passo necessario, cioè «un piano strategico nazionale del turismo che abbia obiettivi che non siano soltanto misurati sugli arrivi e sulle partenze, ma che parta dall'idea di base che il turismo è un'economia fondata su risorse finite. Serve un'integrazione più forte tra i vari ministeri, quello del turismo deve essere in grado di coordinarsi con quello dell'ambiente e con quello dei trasporti, senza questo lavoro comune non si può governare il turismo».
Un modello a cui ispirarsi è il lavoro che sta facendo il governo austriaco con il ministero federale della sostenibilità e del turismo, che sta effettivamente lavorando a una strategia nazionale, che include piani per espandere il trasporto pubblico e limitare quello privato, migliorare l'efficienza energetica delle infrastrutture turistiche, coinvolgere le comunità locali nelle decisioni e soprattutto diversificare, sia tra le stagioni che le località, mettendo anche dei limiti al numero di visitatori nelle destinazioni più affollate.
In Italia, secondo Nadotti, c'è anche un problema di dibattito pubblico, cioè di come parliamo di overtourism. «La turistificazione ha acuito problemi pre-esistenti, spesso si scarica tutta la responsabilità sui turisti, ma la crisi abitativa deve essere trattata come un sintomo che ha radici lontane. Trasformare questa sfida nella caccia al turista è una banalizzazione, così come misurarlo solo in termini di "caro ombrelloni", come spesso succede. Dovremmo parlare di economia, di società, di perdita di potere d'acquisto e salari, il turismo fa parte di una crisi sistemica molto più ampia, non può essere trattato in modo isolato».
Un pezzo del ragionamento sistemico è considerare overtourism e undertourism come due facce della stessa medaglia. La situazione sulle montagne italiane è in questo un'infografica perfetta di queste contraddizioni, a fronte di alcune destinazione iper sfruttate dall'industria sciistica e degli sport invernali ce ne sono altre che sono in un avanzato stato di spopolamento e non riescono a godere nemmeno dei benefici minimi del turismo. Infine, secondo Nadotti, «la maggior parte dei problemi del turismo sono legati alla mobilità. Estenderla, diffonderla e governarla è lo strumento chiave per distribuire in modo più razionale i flussi. Il turismo deve avere un approccio di transizione come l'energia. Se per la transizione energetica le rinnovabili sono la tecnologia abilitante più importante, per il turismo quella tecnologia è la mobilità sostenibile».
[Foto di Etienne Girardet su Unsplash]
Infrastrutture: ecco perché (nonostante tutto) conviene ancora essere sostenibili
In un mondo attraversato da tensioni geopolitiche e da guerre commerciali, la sostenibilità rischia di essere vista più come un costo che come un valore aggiunto. Una "tentazione" da analizzare con il supporto di AIS
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In un mondo attraversato da tensioni geopolitiche e da guerre commerciali, la sostenibilità rischia di essere vista più come un costo che come un valore aggiunto. Una "tentazione" da analizzare con il supporto di AIS
Non può esserci sviluppo senza sostenibilità. Perché la sostenibilità crea competitività e valore economico. Il Rapporto AIS 2025 affronta con rigore scientifico e spirito divulgativo i temi cruciali che legano sostenibilità, crescita economica, competitività e infrastrutture. Un fil rouge indispensabile che nell’ultimo anno è stato messo in discussione dai dubbi che hanno frenato la transizione ecologica.
«Un raffreddamento politico sbagliato», spiega Lorenzo Orsenigo, presidente dell’Associazione Infrastrutture Sostenibili, riferimento per la sostenibilità del sistema infrastrutturale italiano che, nel suo ultimo studio, ha scelto di puntare sulla concretezza dei dati per dimostrare, attraverso esempi concreti, come «le imprese sostenibili siano più efficienti, competitive e pronte al futuro. Un punto di partenza per lo sviluppo delle infrastrutture di oggi e di domani», aggiunge Orsenigo se vogliamo puntare «al progresso e non solo allo sviluppo».
Una sorta di monito visto che, come racconta il curatore del Rapporto AIS 2025 Marco Panara, negli ultimi due anni il clima intorno ai temi della sostenibilità è decisamente cambiato. «Dopo una fase di grande attenzione da parte dell’opinione pubblica assistiamo a un vero e proprio vento contrario, un rallentamento che in Italia riguarda le rinnovabili - spiega -. Anche in Europa, osserva, si registra una crescente resistenza nei confronti del Green Deal, con un ridimensionamento degli sforzi verso la riduzione delle emissioni e gli obiettivi di sviluppo sostenibile».
Un contesto non omogeneo a livello globale visto che, per esempio, da Cina e India arrivano segnali incoraggianti. E molte grandi imprese stanno comprendendo che il cambiamento climatico è reale, e che servono investimenti adeguati per affrontarlo.
Un panorama frammentato in cui il tempo è un fattore chiave e «il costo del non fare è spesso molto più alto del costo dell’azione». Rimandare significa esporsi a eventi climatici sempre più gravi e, di conseguenza, a danni maggiori e investimenti più onerosi per riparare.
«L’aumento delle temperature, da qui al 2030, potrebbe determinare una riduzione del 2% delle ore lavorate a livello globale, con un impatto pari a 2.400 miliardi di dollari - sottolinea Panara -. A questi si aggiungono i costi legati alla perdita di biodiversità e all’iper-sfruttamento delle risorse naturali, stimati in 2.700 miliardi l’anno».
Inoltre gli eventi estremi causano già ora un costo superiore ai mille miliardi di dollari l’anno. «Per fare un paragone, l’investimento necessario a mantenere il riscaldamento globale sotto i 2 °C sarebbe pari a un quinto dei danni economici causati dal mancato intervento».
C’è poi uno stretto legame tra crescita economica e sostenibilità. «Le imprese che investono nella sostenibilità crescono di più, attraggono investitori, talenti, innovano meglio e affrontano con maggiore forza i mercati internazionali. Non a caso, le loro quotazioni in Borsa tendono ad essere superiori rispetto a quelle delle aziende più conservative». È in questo quadro che le infrastrutture sostenibili diventano una opportunità strategica. E possono fare la differenza.
«Il patrimonio infrastrutturale globale è spesso obsoleto e carente - evidenzia Panara -. Servono investimenti massicci, e devono essere indirizzati verso infrastrutture sostenibili. Sono proprio queste le più esposte ai rischi climatici, ma anche quelle che offrono le maggiori opportunità». In Europa serve recuperarle e adeguarle alla sostenibilità, nei Paesi in via di sviluppo crearne di nuove secondo queste metriche.
«I dati dimostrano che le infrastrutture sostenibili hanno una maggiore durata, un impatto ambientale minore, costi di manutenzione più bassi e rendimenti superiori: fino al 20% in più rispetto a quelle tradizionali». Non solo una scelta etica, dunque, ma anche economica. «La sostenibilità è una necessità, non un’opzione. E soprattutto è un’opportunità».
Un nodo cruciale, secondo Panara, è arrivare rapidamente a una tassonomia chiara delle infrastrutture sostenibili, per facilitare anche gli investimenti privati. «Se pianificate e gestite con rigore, le infrastrutture green sono altamente redditizie, ideali per investitori a lungo termine e con basso profilo di rischio. Sarebbe utile in Italia che questa tassonomia entrasse nel Codice degli Appalti, ma per ora non è così», commenta Panara.
«Pur senza requisiti obbligatori - conclude Orsenigo –, c’è tuttavia da osservare che gli attori italiani che operano nelle infrastrutture hanno capito quanto sia importante la sostenibilità delle opere stesse, una condizione che le rende anche più certe, finanziabili e a minor rischio di fallimento».
Non a caso esistono molti progetti certificati con protocollo Envision uno strumento creato negli Stati Uniti che aiuta a progettare e valutare opere infrastrutturali (come strade, piazze e ferrovie) in base a criteri di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, utilizzando un framework di 64 indicatori. Le opere vengono poi certificate in base a quattro livelli (verified, silver, gold, platinum) a seconda dei punteggi raggiunti. Questa metrica permette di effettuare investimenti con un ritorno in termini di durata dell'opera, ciclo di vita sostenibile e tutela della qualità della vita. E infine facilita il processo decisionale, promuove la trasparenza e coinvolge gli stakeholder.
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Una città nuova, attraverso scenari che cambiano a ogni sguardo dall’alto del monte Echia al basso della metropolitana. The Passenger a Napoli con il fondatore di Museo Apparente e Galleria Acappella
Dirompente, affascinante, controversa: la blockchain è una delle tecnologie più discusse degli ultimi anni, dalle criptovalute al “web3”. Ad aprire una nuova era sono stati due leader, diversi tra loro ma entrambi rivoluzionari: il misterioso Satoshi Nakamoto con Bitcoin e Vitalik Buterin, il ragazzo prodigio che inventò Ethereum
Sembrava solo fantasia ma ora è realtà: le macchine che imitano le facoltà della mente umana sono arrivate e sono qui per restare. Sam Altman ha reso l’Intelligenza Artificiale a portata di tutti, grazie a OpenAI. La sua creatura, ChatGPT impone all’uomo delle domande, che “Pionieri del futuro” affronterà con l’aiuto di un neuroscienziato e di un ospite del tutto… inatteso.
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