A bulldozer in a construction site

Il riciclaggio è in forte competizione economica con il conferimento in discarica

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Riciclare le costruzioni: se anche l’edilizia diventa circolare

Le città come miniere, grazie al recupero, al riuso e al riciclo dei materiali anche in edilizia, che produce «di fatto la frazione di rifiuto più grande in Europa (40%)». Lo spiega Dario Caro del Joint Research Center, l’istituto di ricerca della Commissione UE che ne ha studiato l’impatto a livello economico e ambientale, scoprendo che l’urban mining in edilizia richiede un salto di qualità

I rifiuti da costruzione e demolizione (Construction and demolition waste, CDW) contano più di un terzo del totale rifiuti in Europa. Per questo, e nel più ampio raggio d’azione degli obiettivi del Green Deal, Bruxelles ha avviato uno studio per capire lo stato dell’arte nel Vecchio Continente e gli scenari potenziali in un’ottica di smaltimento e riciclo il più possibile virtuoso. Dario Caro, ricercatore scientifico del Joint Research Center di Siviglia della Commissione europea e professore associato all'Università di Aahrus racconta a Infra Journal le potenzialità enormi di un settore che può aiutare l’ambiente, la crisi delle materie prime e il complicato reperimento dell’energia in un contesto di profonda crisi climatica.

 

Professor Caro, ci delinea questo settore che riguarda i rifiuti edili?

«I rifiuti da costruzione e demolizione fanno parte di quello che oggi prende il nome diUrban mining (“estrazione urbana”). Il loro riciclo è molto discusso oggigiorno dato che consiste in un processo virtuoso che consente di ricavare dai rifiuti materie prime secondarie, entrando nell’economia circolare. La trasformazione può avvenire a diversi livelli e con modalità e risultati diversi. Ripensando al rifiuto come a una risorsa, possiamo aumentarne la durabilità e così ridurre la produzione di quello che viene chiamato “materiale vergine”. Un meccanismo molto importante in chiave sostenibile». 

 

Qual è lo stato dell’arte in Europa di questa pratica?

«Decisamente frammentato. Ogni singolo Paese ha una sua legislazione in materia ma il riciclaggio di questo tipo di rifiuto è già molto elevato quindi possiamo dire di essere già a buon punto. Tuttavia le potenzialità per un miglioramento ci sono. Di fatto è la frazione di rifiuto più grande in Europa (copre il 40% del rifiuto del totale) e ci sono Paesi più virtuosi come Paesi Bassi, Italia, Grecia, Slovenia e Paesi meno virtuosi come Ungheria, Polonia, Irlanda». 

 

Si tratta quindi solo di uniformare la best practice o c’è di più?

«Ci sono due problemi fondamentali, che hanno poi dato origine allo studio: il primo è che anche se il tasso di riciclaggio è alto, è di “bassa qualità”, e cioè finalizzato a dare vita a prodotti che possono sostituire materiali con un basso valore di mercato (sabbia e ghiaia, per esempio) che servono per costituire le fondamenta delle strade. Il secondo è che ci sono grosse differenze tra Stati Membri: esistono infatti Paesi dove questo rifiuto è prevalentemente mandato in discarica e il riciclo è praticamente nullo. Questo perché il riciclo è in forte competizione economica con lo smaltimento in discarica».

 

Qual è l’obiettivo dunque? 

«Migliorare la qualità del riciclo e generare attraverso il riciclo prodotti con un più alto valore di mercato rispetto a ghiaia e sabbia grezzi».

 

Dove possiamo spingerci con gli obiettivi di riciclaggio?

«Per capirlo, il nostro studio ha preso una tonnellata di rifiuto da costruzione e demolizione verificando in percentuale quali frazioni sono presenti in Europa. Ne abbiamo analizzate dodici (tra cui calcestruzzo, legno, ceramiche, mattoni, vetro, gesso, alluminio , ferro, plastiche EPS e PVC…) coprendo così l’85% del totale di quello che troviamo in una tonnellata di rifiuto. Ampliando la scala abbiamo verificato i flussi di questo tipo di rifiuto in Europa e abbiamo creato scenari per ogni frazione. Per ogni frazione almeno uno scenario di riciclaggio e uno scenario di gestione in discarica è stato considerato. Poi, per la frazioni plastiche e il legno, che hanno potere calorifero rilevante, abbiamo considerato anche scenari di incenerimento. Inoltre, per quasi tutte le frazioni abbiamo individuato diversi tipi di riciclaggio: un riciclaggio con basso valore di mercato e uno in cui si ritorna alla frazione di rifiuto (closed loop) o dove comunque si creano prodotti con più alto valore di mercato». 

 

Questi scenari hanno dunque un impatto economico/ambientale.

«Esattamente, per ognuno di questi scenari abbiamo valutato l’impatto economico e ambientale cercando di far luce sulle potenzialità del settore in ottica degli obiettivi Europei della Green Deal e della Circular economy. Per esempio, i riciclaggi finalizzati a generare prodotti che possono sostituire materiali con alto valore di mercato risultano avere delle performance ambientali migliori rispetto a tutte le altre opzioni. Lo sviluppo di questi tipi di riciclaggio può inoltre generare diversi posti di lavoro che stanno meritando da parte della Commissione un notevole grado di attenzione. Tuttavia, abbiamo osservato come generalmente, è lo smaltimento in discarica l’opzione più economica. In ogni caso il nostro studio, per ogni tipo di materiale, permette di valutare l’impatto economico e ambientale così da mostrare una visione generale della questione». 

 

Detto questo l’Europa come può favorire la scelta del miglior percorso ?

«Esiste la strada degli incentivi o comunque, quella che cerca di rendere la discarica meno conveniente (per esempio attraverso l’uso di una tassazione più mirata sullo smaltimento in discarica, come avviene in Olanda) incentivando così il riciclo. Inoltre si può ragionare anche sul potenziale recupero energetico per alcuni materiali (es. plastiche). Target e obiettivi più stringenti saranno fissati nei prossimi mesi, ma la strada è tracciata e l’urban mining è una grande opportunità visto che la domanda crescente di materie prime a livello globale rende necessario diversificare l’approvvigionamento e implementare strategie circolari che consentano di estrarre materiali dai rifiuti e dagli scarti».


Sofia Fraschini - Giornalista economico-finanziaria, laureata in Sociologia a indirizzo Comunicazione e Mass media, ha iniziato la sua carriera nel gruppo Editori PerlaFinanza dove ha lavorato per il quotidiano Finanza&Mercati e per il settimanale Borsa&Finanza specializzandosi in finanza pubblica e mercati finanziari, in particolare nei settori Energia e Costruzioni. In seguito, ha collaborato con Lettera43, Panorama, Avvenire e LA7, come inviata televisiva per la trasmissione L’Aria che Tira. Dal 2013 lavora come collaboratrice per la redazione economica de Il Giornale e dal 2020, per il mensile del sito Focus Risparmio di Assogestioni.

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