Il Museo del Futuro a Dubai

The Museum of the Future in Dubai

Travel  |  Focus On  |  Interview

Un Museo del Futuro per essere parte del domani

L’iconico spazio culturale di Dubai accompagna i visitatori in un viaggio nel futuro, ma è anche sede di un dibattito internazionale tra scienziati e innovatori, sostiene la ricerca e offre alla nuova generazione l’opportunità di far parte del futuro

«Il futuro appartiene a coloro che possono immaginarlo, progettarlo e realizzarlo. Il futuro non aspetta. Il futuro può essere progettato e costruito oggi». Così lo sceicco Mohammed aveva commentato il progetto del Museo del futuro di Dubai che ora ispira numerosi visitatori.

Situato nel cuore del distretto commerciale di Dubai, il museo si presenta come un’imponente struttura iconica ideata dalla Dubai future foundation sotto la supervisione dello sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum in veste di vicepresidente e primo ministro degli Emirati Arabi Uniti e sovrano di Dubai. Sulla facciata del museo, composta da 1.024 pannelli in acciaio inossidabile lucidato, fissati con l’aiuto di grandi bracci robotici computerizzati a controllo numerico, campeggiano tre citazioni dello sceicco in un’incisione tridimensionale in arabo classico realizzata dall’artista emiratino Mattar bin Lahej. Di notte ben 14 chilometri di luci a Led programmabili illuminano la scritta, arricchendo lo spettacolare panorama del centro di Dubai. Per saperne di più sul museo, abbiamo incontrato Khalfan Belhoul, amministratore delegato della Dubai future foundation.
 

Belhoul, come è possibile mettere in mostra il futuro? Cosa possono sperimentare i visitatori all’interno del Museo?

«Utilizzando una serie di installazioni e display di realtà virtuale e aumentata, analisi dei big data, intelligenza artificiale e interazione uomo-macchina, il museo accompagna i visitatori in un viaggio nel futuro attraverso cinque blocchi strutturali, che danno l’idea di una narrazione globale in divenire. Un attimo prima ci si trova nella Dubai del 2022, un attimo dopo si torna al primo capitolo della storia: a bordo di Oss Hope, una stazione spaziale ai confini della galassia ci si immagina come nell’anno 2071 gli esseri umani saranno all’avanguardia della tecnologia spaziale».
 

Sembra molto emozionante. E gli altri capitoli?

«Il capitolo 2 porta i visitatori all’Istituto Heal, la prima sezione del museo ambientata in una stupefacente ricostruzione digitale dell’Amazzonia a Leticia, in Colombia. Successivamente si incontra la 'Volta della Vita', un’installazione immersiva illuminata che custodisce una biblioteca di Dna di 2.400 specie accuratamente selezionate tra milioni di specie per catalogare l’incredibile biodiversità del pianeta Terra, e ospita un laboratorio di specie sperimentali, il tutto concepito per invitare i visitatori a riflettere sull’impatto del cambiamento climatico. I capitoli seguenti esplorano altre iterazioni del futuro: la calibrazione mente-corpo nel padiglione 'Al Waha' o 'L’Oasi'; come potremmo sfruttare le tecnologie emergenti di oggi per il bene di domani al secondo piano 'Tomorrow Today', e infine 'Future Heroes', un luogo dedicato ai futuri eroi del pianeta, i giovani, che hanno già ipotizzato delle soluzioni per la crisi climatica».
 

Nei musei di solito si ammirano i patrimoni del passato. Perché invece qui il protagonista è il futuro?

«Il Museo del futuro è diverso da qualunque altro spazio espositivo tradizionale. È un museo vivente che si rinnova, arricchisce e cresce costantemente nel tempo. Questo aspetto si riflette deliberatamente nella natura flessibile dell’architettura interna, pensata come uno spazio fluido, a più piani e senza pilastri, altamente adattabile e aperto all’interpretazione per la programmazione futura. Il Museo del futuro è un’opportunità senza precedenti per la nuova generazione di diventare parte del futuro e di tutti i suoi aspetti»
 

La sezione “Tomorrow Today” appare d'impatto: ci può dire qualcosa in più su questo capitolo?

«Tomorrow Today prende le mosse dal quesito sollevato nel 1966 dall’influente architetto Cedric Price: “La tecnologia è la risposta, ma qual era la domanda?”. In questo spazio sono esposti più di 50 esempi di come la tecnologia sia stata essenziale per plasmare il nostro futuro. Ecco quindi che troviamo prototipi e prodotti attuali incentrati su settori come la gestione dei rifiuti, l’ambiente, la sicurezza alimentare, l’agricoltura, l’irrigazione e la pianificazione urbana. Che si tratti della scoperta del Notpla, un materiale biodegradabile che mira a sostituire gli imballaggi di plastica monouso, o dei metodi per immagazzinare in modo permanente l’anidride carbonica e limitare così la quantità di emissioni riversate in atmosfera, la mostra presenta i molteplici e diversi tipi di ricerca in corso in varie parti del mondo. Mentre altre sezioni si concentrano maggiormente sugli spettatori, stimolandone i sensi e l’immaginazione, “Tomorrow Today” si distingue non solo per la priorità attribuita alle più impellenti questioni ambientali dei giorni nostri, ma anche perché dimostra in modo efficace come la tecnologia contribuisca a trasformare idee astratte in risultati tangibili e accessibili per creare soluzioni realizzabili.»
 

Come si alimentano i “pensieri futuri” a livello mondiale?

«Il Museo del Futuro ha ospitato finora una serie di 'Future Talks' con innovatori, scienziati e figure di spicco di importanti settori su una vasta gamma di argomenti. Vi hanno partecipato personaggi illustri del calibro di Oussama Khatib, Direttore dello Stanford Robotic Lab dell’Università di Stanford, che ha parlato di come i nostri oceani contengano le risposte a domande esistenziali critiche e di come uomini e robot possono interagire per navigare nelle loro acque. O ancora Alex Kipman, vicepresidente di Microsoft specializzato in intelligenza artificiale e la realtà mista, che ha fornito una panoramica sul potenziale e sullo sviluppo futuro del Metaverso.

Ma non è tutto: oltre a disporre di un dipartimento editoriale di ricerca, il Museo del futuro servirà anche come sede del fondo Great Arab Minds, un’iniziativa quinquennale nell’ambito della quale il governo di Dubai elargirà finanziamenti per 100 milioni di dirham ($27,2 milioni) per dar vita al “più grande movimento del mondo arabo finalizzato a cercare talenti eccezionali fra gli scienziati, i pensatori e gli innovatori arabi in ambiti di grande rilevanza, con l’obiettivo di dare risalto ai più saggi pensatori della regione e ispirare i giovani con il loro esempio”».


Patrizia Marin - Giornalista e presidente di Marco Polo Experience, agenzia di comunicazione strategica, public affairs, marketing e media relations, con esperienza ventennale in internazionalizzazione d'impresa, comunicazione, media relations, mappatura dei decisori e della comunità dei rapporti di interesse. È stata consigliere della Presidenza italiana del Consiglio dei ministri della Comunicazione, Editoria e Informazione. Nei settori logistica e infrastrutture, è stata responsabile delle comunicazioni dell'autorità portuale di Venezia; consulente relazioni media per Aeroporti di Roma; international pr advisor per Atlantia mentre è vicepresidente di FBC. È professore a contratto in Leadership e Relazioni Internazionali presso l'università IULM ed è laureata in giurisprudenza e scienze politiche internazionali.

Altri come questo