Parigi ha messo le automobili al bando, come spesso si legge sui giornali? Certamente no. A dispetto della prossimità di beni e servizi resa possibile dalla “Città dei 15 minuti”, un modello urbanistico nato proprio a Parigi e teso a rendere le necessità del quotidiano a portata di passo o di pedale, i parigini continuano a fare ricorso alle quattro ruote, sia per esigenze personali che lavorative. Il tutto mentre il traffico, “ça va sans dire”, continua ad affliggere le strade con riflessi ancora preoccupanti sulla qualità dell’aria, pur nonostante i miglioramenti significativi rispetto a qualche decennio fa (diminuzioni di oltre il 50% delle particelle fini PM2.5 e del diossido di azoto dal 2005 al 2024).
E allora, perché tanta enfasi sulla rivoluzione della mobilità di cui Parigi sarebbe una capofila mondiale? La risposta ha soprattutto a che fare con la continuità dell’azione pubblica nella governance dell’automobile. Le ultime quattro amministrazioni, hanno fatto una priorità politica dell’obiettivo di ripensare il protagonismo dell’auto, il tutto a vantaggio del potenziamento del trasporto pubblico e della sicurezza e piacevolezza degli spostamenti pedonali.
Un lavoro di lungo corso, dunque, che oggi ha dato i suoi frutti: la circolazione di automobili è diminuita della metà dalla fine degli anni ’90, a favore di uno spazio maggiormente riequilibrato a favore di pedoni, bus e tram (dati Comune di Parigi). Un cambiamento che si riflette anche sulle abitudini di acquisto legate ai trasporti: il 66% dei parigini non possiede una macchina, una percentuale in costante aumento da anni che racconta senza ombra di dubbio come vivere in una grande capitale senza mezzo privato sia non solo possibile, ma anche in alcuni casi anche auspicabile.
Eppure, rimangono significativi i margini di manovra che possono rendere più equo e sostenibile uno spazio pubblico ancora troppo sbilanciato a favore dell’automobile che a tutt’oggi, occupa circa il 50% del territorio comunale, a fronte di un 10% degli spostamenti fatti in auto. Un disequilibrio a cui il Comune di Parigi ha risposto con politiche sistemiche volte a riorganizzare l’allocazione di carreggiate e parcheggi, spezzando l’equazione che associa la strada ad uno spazio destinato pressoché unicamente al passaggio e al parcheggio delle macchine.
Il referendum cittadino del 2024 che ha aumentato il costo del parcheggio per le macchine di grande cilindrata, in particolare i SUVè solo la punta di iceberg delle politiche di trasformazione tangibili del tessuto urbano. Parigi ha infatti deciso di riconvertire la metà degli spazi destinati ai parcheggi – quantificati all’incirca 60 ettari - in nuove piste ciclabili, marciapiedi più grandi, nuove aree verdi. Questa rivoluzione, è stata consacrata nel 2020 con il lancio degli Stati Generali per il parcheggio , che hanno dato vita tra gli altri alla creazione di 60mila rastrelliere, mille parcheggi per bici cargo, mille parcheggi destinati alle consegne e 100 posti di taxi supplementare.
L’altro grande piano ha poi riguardato la politica a favore della bicicletta. Sono due i Piani Comunali avviati dalla sindaca Anne Hidalgo sul tema delle due ruote: il primo piano quinquennale, lanciato nel 2015, ha stanziato 150 milioni di euro per creare piste ciclabili capillari su tutto il territorio cittadino. Con il secondo, che si compirà nel 2026, la politica di sviluppo della rete delle ciclabili continua, anche grazie ad un ulteriore stanziamento di 100 milioni di euro, con l’obiettivo di aggiungere altri 180 km agli oltre mille km di percorsi ciclabili di cui Parigi disponeva nel 2021 (di cui oltre 300 km sono piste ciclabili e 52 km sono piste temporanee create dopo il primo lockdown, poi mantenute in via definitiva).
In continuità, viene incoraggiata l’estensione del doppio senso ciclabile. A Parigi le biciclette hanno il diritto non solo di prendere le corsie preferenziali degli autobus, ma anche di imboccare in “contro senso” molte strade a senso unico, una possibilità che accorcia i tragitti per le due ruote ed impone alle macchine una maggiore cautela, nel rispetto del limite di 30 km/h.
Infine, un nuovo obiettivo del plan vélo riguarda la possibilità di ricucire le maglie del percorso dedicato alle biciclette, colmando quelle aree dove la densità delle ciclabili rimane scarsa,non solo all’interno del Comune di Parigi, ma anche con quelli limitrofi della prima periferia.
Se le piste ciclabili rappresentano l’infrastruttura primaria, ciò che, secondo i sondaggi, impedisce a molti parigini di spostarsi in bicicletta è la paura del furto. Per rispondere, la città sta sperimentando l’utilizzo di 50 “véloboxes”, “scatole-parcheggio” su strada a cui si accede tramite abbonamento e codice personalizzato. Se l’esperienza si rivelerà virtuosa, le vélobox saranno moltiplicate al posto dei parcheggi delle auto, offrendo la possibilità di mettere la bici al riparo dai furti in esterno. A questa misura sperimentale si aggiunge la crescita progressiva e costante dei parcheggi per bici presso le stazioni: soluzioni messe in pratica sia alla Gare de Lyon che alla Gare Montparnasse, essenziali peraltro per fluidificare lo scambio intermodale.
Tutti questi sforzi, sostenuti con entusiasmo da quella parte della cittadinanza che vede la bicicletta di buon occhio, ma osteggiati da quanti lamentano posizioni ideologiche, hanno certamente contribuito a ridefinire la realtà urbana di Parigi. Un cambiamento che anche gli osservatori internazionali non hanno mancato di riconoscere: secondo l’Oliver Wyman Forum, Parigi è seconda nell’Urban Mobility City Ranking, prima città in Europa, dietro solo a San Francisco.
E per quanto riguarda il futuro? Grandi titoli sui giornali hanno menzionato le cento strade che saranno presto pedonalizzate: un numero non trascurabile sulle 6mila recensite nel Comune di Parigi, ma che non dovrebbero però stravolgere il volto della città. Ad un anno dalle prossime elezioni amministrative, gli sviluppi della mobilità restano soprattutto legati ai risultati delle urne. Che non potranno però, sostengono molti commentatori, ribaltare l’eredità di queste ultime amministrazioni: oltre alle volontà da ridiscutere, più difficile sarebbe cancellare le infrastrutture delle ciclabili, il nuovo verde pubblico e le nuove abitudini cittadine che intorno hanno finito per consolidarsi.
Foto di Fabien Maurin su Unsplash