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Il primo volume del report World Energy Transitions di Irena fornisce una visione generale del processi di transizione, in tutti i settori energetici

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«Nonostante i grandi investimenti, non siamo sulla buona strada per la transizione energetica»

«Il settore dell’energia non è di per sé sufficiente per decarbonizzare il sistema energetico», ha affermato Elizabeth Press dell’IRENA, commentando il World Energy Transitions Outlook presentato a Roma

L’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (Irena) è un organismo intergovernativo leader a livello mondiale per la trasformazione dell’energia, che funge da piattaforma principale per la cooperazione internazionale, sostiene i paesi nel loro percorso di transizione energetica e fornisce dati e analisi aggiornati su tecnologia, innovazione, politica, finanza e investimenti. 

L’Irena promuove l’adozione diffusa e l’uso sostenibile di tutte le forme di energia rinnovabile, tra cui la bioenergia, la geotermia, l’energia idroelettrica e l’energia oceanica, solare ed eolica, nel perseguimento dello sviluppo sostenibile, dell’accesso all’energia e della sicurezza energetica, per la resilienza e la prosperità economica e sociale e per un futuro “a prova di cambiamenti climatici”.

I membri dell’Irena comprendono 167 paesi e l’Ue. Insieme, decidono la direzione strategica e le attività programmatiche dell’agenzia, in linea con il dibattito energetico e le priorità globali, per accelerare in tutto il mondo la transizione energetica basata sulle energie rinnovabili.

Il primo World Energy Transitions Outlook dell’Irena è stato presentato di recente a Roma, insieme ad Eni, presso lo spazio Gazometro di Roma Ostiense. Il rapporto delinea un percorso in evoluzione verso un futuro sicuro per il clima, in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Il percorso verso l’obiettivo degli 1,5 °C offre una tabella di marcia per accelerare la transizione energetica globale, con l’elettrificazione e l’efficienza come catalizzatori del cambiamento, sostenuti da energia rinnovabile, idrogeno e biomassa sostenibile.

All’incontro, moderato dalla giornalista di Reuters Giselda Vagnoni, hanno partecipato Vannia Gava, Viceministro dell’ambiente e della sicurezza energetica; Clara Poletti, commissario dell’Autorità italiana Arera e presidente del Comitato dei regolatori di Acer; Francesco La Camera, Direttore generale dell’Irena; Claudio Descalzi, Amministratore Delegato di Eni; ed Elizabeth Press, Direttore Planning and Programme Support dell’Irena.

A illustrare i punti salienti del rapporto di quest’anno è stata Elizabeth Press, in veste di rappresentante dell’Irena in organizzazioni e iniziative incentrate sul clima e responsabile di diversi progetti speciali, tra cui la geopolitica delle transizioni energetiche. 

Elizabeth Press, cosa può dirci di questo rapporto dell’Irena sui percorsi di transizione energetica mondiali? 

«Questo primo volume del rapporto fornisce una panoramica dei processi di transizione energetica, tracciando i progressi e le lacune in tutti i settori energetici. Il World Energy Transitions Outlook 2023 identifica, in base alle tecnologie disponibili, le aree e le azioni prioritarie che vanno implementate entro il 2030 per raggiungere l’obiettivo di azzeramento delle emissioni nette entro il 2050».
 

Ha visto qualche risultato da quando è stato adottato l’Accordo di Parigi nel 2015?

«Abbiamo assistito a grandi progressi nello sviluppo delle energie rinnovabili. Abbiamo avviato una discussione approfondita sulle energie rinnovabili e sui combustibili fossili, nonché sull’efficienza della nuova capacità nel settore energetico e poi le energie rinnovabili sono decollate. Ancora più interessante è il fatto che, dal 2020 in avanti, quando l’impennata dei prezzi ha davvero messo in difficoltà il mondo intero dopo il COVID, la crisi energetica e la guerra in Ucraina, abbiamo osservato uno spostamento sempre più convinto verso le rinnovabili».
 

Come sta andando oggi? 

«Nel 2020 abbiamo assistito a un nuovo picco di investimenti nella transizione energetica, con le energie rinnovabili che rappresentano un volume di circa 500 miliardi, il che è alquanto considerevole, data la riduzione dei costi negli ultimi dieci anni circa. E gli investimenti totali si avvicinano ai 1.300 miliardi. Evidente a livello settoriale è il dominio delle rinnovabili, dell’efficienza e della mobilità elettrica, mentre gli altri segmenti sono un po’ più lenti in termini di investimenti».
 

Cosa significa questo per la transizione energetica?

«Innanzitutto, non siamo sulla buona strada. Siamo ben lungi dal punto in cui dovremmo essere. Se date un’occhiata al rapporto, vedrete tecnologia per tecnologia a che punto siamo in termini di avanzamento».
 

Come vede il futuro?

«L’energia rinnovabile sarà il vettore principale. Come si legge nel rapporto, si stima che nel 2050 il 91% della nostra produzione sarà da fonti rinnovabili, con il nucleare al 4% e i combustibili fossili, il gas nello specifico, a circa il 5%. Ma dobbiamo andare oltre il settore energetico. Il settore dell’energia di per sé non è sufficiente per decarbonizzare il sistema energetico».
 

Cosa significa esattamente?

«Che le persone devono produrre elettricità, ma aprirsi anche all’idrogeno come fonte di decarbonizzazione e accelerare l’uso diretto delle rinnovabili come le pompe di calore. In concreto, significa che la gente dovrebbe ribaltare il rapporto e la quota di approvvigionamento di energia primaria dall’attuale 60% di rinnovabili al 77% nel 2050. Dallo scenario energetico pianificato emerge che, con gli impianti odierni, i vari paesi dovrebbero investire circa 1.300 miliardi entro il 2050 per realizzare quello che hanno in cantiere».
 

Questo tempo di transizione energetica è lo stesso in tutto il mondo?

«Niente affatto. Ci sono molte disuguaglianze nel percorso di transizione energetica. Alcune regioni e paesi stanno facendo progressi, soprattutto l’Europa, il Nord America, la Cina e in parte l’India, ma il resto del mondo è rimasto indietro. In Africa ci sono ancora più di 600 milioni di persone senza accesso all’energia. Questo continente ha un enorme potenziale tutto da sfruttare, e non solo in termini di accesso all’energia, ma anche ai servizi essenziali, nonché di possibilità di sviluppare un’economia più forte e società più inclusive».
 

Cosa può aiutare a colmare il divario? 

«Tre pilastri essenziali: uno è rappresentato dalle infrastrutture necessarie per sfruttare appieno il potenziale delle energie rinnovabili. Non si tratta di un sistema sostitutivo, ma di un nuovo sistema. Avremo quindi bisogno di una nuova infrastruttura di rete con nuovi cavi, nuove sale marittime, nuovi porti, nuovi modi per distribuire l’energia e anche per collegare le zone del mondo che ad oggi non sono ancora state raggiunte. E non è solo una questione di carità o di convenzione, è una questione di necessità. Molte delle risorse di cui avremo bisogno, come l’idrogeno verde, i materiali critici e altri elementi, provengono proprio dalle regioni africane e da altre zone prive di infrastrutture adeguate per sfruttare l’enorme potenziale delle rinnovabili. Il secondo pilastro è la regolamentazione delle politiche. Anche in questo caso, l’attenzione è ancora rivolta ai combustibili fossili. Infine, il terzo protagonista sono le istituzioni, che continuano a basarsi sul sistema energetico del XX secolo. A questo proposito, l’istruzione alla base dello sviluppo delle competenze va ancora adattata e modernizzata per soddisfare le esigenze dei prossimi decenni. Sono questi elementi combinati che determinano le posizioni e le azioni necessarie per un futuro migliore».


Patrizia Marin - Giornalista e presidente di Marco Polo Experience, agenzia di comunicazione strategica, public affairs, marketing e media relations, con esperienza ventennale in internazionalizzazione d'impresa, comunicazione, media relations, mappatura dei decisori e della comunità dei rapporti di interesse. È stata consigliere della Presidenza italiana del Consiglio dei ministri della Comunicazione, Editoria e Informazione. Nei settori logistica e infrastrutture, è stata responsabile delle comunicazioni dell'autorità portuale di Venezia; consulente relazioni media per Aeroporti di Roma; international pr advisor per Atlantia mentre è vicepresidente di FBC. È professore a contratto in Leadership e Relazioni Internazionali presso l'università IULM ed è laureata in giurisprudenza e scienze politiche internazionali.

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