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Deviare le navi cargo intorno all'Africa provoca costi aggiuntivi agli scambi globali

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Merci e dati nel mirino: così la guerra soffoca il commercio globale nel Mar Rosso

Da novembre, il numero di container passati attraverso lo stretto di fronte allo Yemen è diminuito del 70% e la deviazione delle navigazioni verso l’Africa sta facendo temere un’ennesima impennata dell’inflazione. Come se non bastasse, le milizie potrebbero prendere di mira anche i cavi sottomarini che passano per questa rotta, una vena giugulare per il commercio e le comunicazioni globali

In meno di tre mesi il quadro completo delle rotte marittime del Medio Oriente è radicalmente cambiato. Eravamo abituati al fatto che circa il 12% del commercio marittimo globale passasse attraverso lo stretto di Bab al-Mandeb, che controlla l’accesso al Mar Rosso meridionale (tra Gibuti e lo Yemen, nota editoriale). Da metà novembre ad oggi, il numero di container è diminuito del 70%.

Molti armatori hanno preferito interrompere il traffico in questa zona, optando per una rotta alternativa intorno al Capo di Buona Speranza. Tutto è iniziato allo scoppio della guerra fra Israele e Gaza: all’indomani dell’attacco di Hamas a Israele il 7 ottobre, i ribelli Houthi nello Yemen hanno promesso di distruggere tutte le navi destinate a Israele che avessero attraversato il Canale di Suez nel Mar Rosso.

L’interruzione del commercio mondiale si manifesta in maniera evidente nel crollo del 90% del numero di compagnie che utilizzano questa rotta per le navi portacontainer rispetto a un anno fa. Nel Golfo sembrano quindi emergere nuove alleanze geopolitiche anche perché nell’area Atlantico-Pacifico la siccità che ha colpito il Canale di Panama ha rallentato notevolmente il transito navale fra Asia e Stati Uniti. Se normalmente da questa rotta passano circa quaranta navi portacontainer al giorno, a metà gennaio questa cifra era pressoché dimezzata a 24 passaggi giornalieri.
 

L’inizio di tutto

Tornando alla regione del Golfo, i militanti Houthi sostenuti dall’Iran, che controllano ampie zone dello Yemen, hanno usato una serie di armi sofisticate, tra cui missili balistici e droni “kamikaze”, per attaccare navi internazionale nel Mar Rosso, rivendicando così il proprio sostegno all’esercito palestinese di Hamas che ha intentato una guerra contro Israele nella Striscia di Gaza.

Gli attacchi sono iniziati il 19 novembre scorso, quando i commando Houthi hanno fatto atterrare un elicottero sulla nave cargo Galaxy Leader mentre attraversava il Mar Rosso meridionale. L’imbarcazione è stata dirottata verso il porto di Hodeidah, nello Yemen, dove l’equipaggio è stato sequestrato ed è ancora detenuto. Da allora, nelle stesse acque sono state attaccate altre 29 navi, di cui 13 colpite direttamente da missili o droni. Gli attacchi hanno causato gravi interruzioni al commercio globale, visto che circa il 12% transita dal Mar Rosso. 


Un nuovo obiettivo

Ora la situazione si sta aggravando. Nel mirino degli Houthi yemeniti potrebbero finire anche i cavi di comunicazione che corrono sui fondali del Mar Rosso. Gli Houthi, che non si lasciano scoraggiare dalla risposta dell’Occidente, potrebbero danneggiare la rete sottomarina vicina allo Yemen. Questi cavi sono essenziali per il funzionamento di Internet e per il trasferimento di dati finanziari in Occidente e pertanto, un loro danneggiamento, potrebbe compromettere in misura significativa l’economia globale.

Lo Yemen occupa quindi una posizione strategica anche per il passaggio dei cavi di comunicazione sottomarini, con l’area di Bab al-Mandab che serve come punto di transito non solo per le navi, ma appunto anche per la rete di scambio dati. Sebbene gli Houthi non abbiano esplicitamente espresso l’intenzione di danneggiare tali cavi, un canale Telegram collegato ai militanti ha recentemente pubblicato una mappa della rete di comunicazione nel Mar Rosso, accompagnandola con un messaggio: “Ci sono mappe di cavi internazionali che collegano tutte le regioni del mondo attraverso il mare. Sembra che lo Yemen si trovi in una posizione strategica, dato che le linee internet che collegano non solo paesi, ma interi continenti, passano proprio vicino al suo territorio”.

La sicurezza di tutta l’area è in grave pericolo e ogni giorno cresce sempre di più la minaccia di profonde ripercussioni sulla sicurezza e l’economia mondiali. Questi cavi sono considerati una componente critica dell’infrastruttura digitale globale, in quanto trasmettono circa il 95% dei dati e delle comunicazioni internazionali, comprese transazioni finanziarie per un valore di 10.000 miliardi di dollari al giorno. Ecco perché un danno anche parziale a questi cavi potrebbe interrompere l’accesso a Internet e destabilizzare l’intero panorama economico mondiale. È un momento molto difficile.

Rotte commerciali sotto attacco

I militanti Houthi utilizzano una combinazione di armi per colpire le navi commerciali. L’analisi mostra come l’attività dei droni e dei missili Houthi si sia intensificata dall’inizio della guerra a Gaza e sia continuata nonostante gli attacchi aerei militari occidentali alle loro basi in Yemen, iniziati l’11 gennaio.

La questione è delicata e sembra che gli Houthi abbiano una strategia micidiale. I loro attacchi hanno preso di mira le navi nel Mar Rosso meridionale e nel vicino Golfo di Aden, uniti dallo stretto di Bab al-Mandab, che costituisce una strozzatura naturale tra il Corno d’Africa e il Medio Oriente. In arabo, Bab al-Mandab significa “Porta delle lacrime”, un riferimento alla precaria navigazione nello stretto. Questa piccola via d’acqua si trova tra il Gibuti e l’Eritrea, sulla costa orientale dell’Africa, e lo Yemen occidentale che è per gran parte controllato dagli Houthi. Bab al-Mandab è un collegamento strategico tra il Mar Mediterraneo e l’Oceano Indiano, perché costituisce un passaggio pressoché obbligato per le esportazioni verso i mercati occidentali dalla regione del Golfo e dall’Asia per entrare nel Canale di Suez. Il trasporto marittimo globale sta vivendo una fase di rottura. 

Una minaccia per l’economia

A causa del protrarsi degli attacchi, le compagnie di navigazione hanno dirottato alcune tratte verso il Capo di Buona Speranza, a sud dell’Africa. Questo cambiamento minaccia di far lievitare i costi di trasporto delle merci e potrebbe provocare, in ultima analisi, anche un’impennata dell’inflazione globale. Il trasporto marittimo di container con beni di consumo è stato il segmento più colpito dagli attacchi nel Mar Rosso, proprio perché questa via d’acqua rientra in rotte fisse. Secondo l’analisi della piattaforma logistica project44, nel periodo compreso tra l’inizio di dicembre dello scorso anno e la fine di gennaio, le navi portacontainer dirottate verso l’Africa sono circa 373. Sempre secondo project44, il numero di imbarcazioni commerciali che hanno attraversato il Canale di Suez è diminuito di circa il 65% dall’inizio degli attacchi. Da un esame dei contratti visionati da Reuters e da alcuni funzionari sindacali, per sopperire al grosso pericolo che corrono, alcuni marinai stanno firmando accordi per ottenere il raddoppio dello stipendio quando entrano nelle zone ad alto rischio intorno allo Yemen. Il Canale di Suez è utilizzato da circa un terzo delle navi cargo mondiali. Si prevede che la deviazione delle rotte navali verso la punta meridionale dell’Africa costerà fino a 1 milione di dollari in più di carburante per ogni viaggio di andata e ritorno tra l’Asia e il Nord Europa. Stiamo a vedere come si evolverà la situazione.


Patrizia Marin - Giornalista e presidente di Marco Polo Experience, agenzia di comunicazione strategica, public affairs, marketing e media relations, con esperienza ventennale in internazionalizzazione d'impresa, comunicazione, media relations, mappatura dei decisori e della comunità dei rapporti di interesse. È stata consigliere della Presidenza italiana del Consiglio dei ministri della Comunicazione, Editoria e Informazione. Nei settori logistica e infrastrutture, è stata responsabile delle comunicazioni dell'autorità portuale di Venezia; consulente relazioni media per Aeroporti di Roma; international pr advisor per Atlantia mentre è vicepresidente di FBC. È professore a contratto in Leadership e Relazioni Internazionali presso l'università IULM ed è laureata in giurisprudenza e scienze politiche internazionali.

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