Bologna si è impegnata nella missione 'Climate Neutrality 2030'

Bologna si è impegnata nella missione 'Climate Neutrality 2030'

«Idee e partecipazione: la nostra formula per una città innovativa»

Coinvolgere, immaginare, progettare: Fondazione IU Rusconi Ghigi affianca l’amministrazione e la cittadinanza di Bologna nelle grandi sfide della nostra epoca. Con un occhio per digitale e verde

Migliorare la qualità della vita urbana e promuovere processi innovativi per rendere la città più accogliente e sostenibile: è la missione della Fondazione per l'Innovazione Urbana di Bologna. La Fondazione nasce nel 2018 dalla trasformazione dell’Urban Center Bologna, precedentemente fondato dall’Università e dal Comune per sviluppare azioni di coinvolgimento, informazione e prototipazione davanti alle sfide della città contemporanea. Nel 2024 si è unita a due altre realtà cittadine, diventando “Fondazione IU Rusconi Ghigi” e ampliando la propria missione così da includere l’educazione ambientale e la gestione degli spazi verdi. Per approfondire il ruolo della Fondazione IU e gli approcci sviluppati sul campo, Infra Journal ha intervistato il direttore, Giovanni Ginocchini.

Quali sono le sfide concrete a cui cercate di rispondere? 

«Le sfide che le nostre città sono chiamate ad affrontare sono molteplici. Quelle su cui ci concentriamo sono legate alla crisi climatica e alla trasformazione dell'ambiente di vita urbano, insieme a quelle legate ai cambiamenti demografici e sociali. In molti casi tali sfide sono intrecciate, mentre in altri presentano dimensioni autonome e peculiari. La Fondazione opera sia in un'ottica di studio e di analisi, elaborando possibili soluzioni a queste criticità, sia in termini di coinvolgimento, che si tratti di ascolto o co-design di risposte insieme a soggetti attivi nella città, come le associazioni di cittadini e il terzo settore. A questo si aggiunge l’interazione con il mondo della ricerca e delle aziende. In quanto istituzione, la nostra idea è di lavorare con questa “quintupla elica” di soggetti che insieme possono costruire delle risposte».


La trasformazione urbana è generalmente polarizzante: una parte della cittadinanza vorrebbe mantenere tutto com’è, un’altra è a favore del cambiamento anche radicale. Come è possibile promuovere un cambiamento realmente inclusivo e partecipativo?

«Credo che la prima regola da osservare sia quella della trasparenza. Quando si apre un percorso di confronto, è importante chiarire le regole del gioco e in particolare quali sono gli aspetti che possono essere oggetto della discussione e quali invece sono già stati predefiniti. Questo approccio può portare alcuni soggetti, che non condividono le premesse iniziali, a scegliere di non partecipare, ma è un prezzo necessario per garantire la trasparenza. È poi necessario definire un linguaggio comune, e quindi favorire l’allargamento progressivo degli interlocutori per intercettare anche le voci che abitualmente non vengono coinvolte». 


Può fare un esempio?

«Recentemente abbiamo sperimentato due strumenti che appartengono più alla dimensione deliberativa che a quella partecipativa. Uno è il bilancio partecipativo, che prevede l’identificazione di progetti proposti direttamente dalle comunità locali che vengono co-progettati e verificati insieme ai tecnici dell’amministrazione e, successivamente, sottoposti al voto dei cittadini con più di 16 anni. Pur trattandosi spesso di piccole trasformazioni, questi interventi hanno un impatto significativo per le persone che vivono nei luoghi interessati, contribuendo a migliorare la qualità della vita e il senso di appartenenza alla comunità. Su scala più ampia, vorrei citare il processo legato alla missione "Clima Neutralità 2030" su cui la città di Bologna si è impegnata. In questo percorso abbiamo sperimentato la prima Assemblea Cittadina per il Clima. L’obiettivo era superare la polarizzazione, selezionando cento cittadini attraverso un campione statistico rappresentativo che includeva residenti metropolitani e studenti universitari. In otto incontri, su circa nove mesi di lavoro, questo campione ha elaborato una serie di proposte votate dai partecipanti poi presentate e approvate in Consiglio Comunale».
 

Bologna è la prima “Città 30” d’Italia: ad oltre un anno dall’adozione della nuova regolamentazione, qual è il vostro bilancio?

«I dati dell'amministrazione parlano di un bilancio molto positivo rispetto alla diminuzione degli incidenti gravi e delle morti in strada. All’interno di questo percorso, la Fondazione IU non ha avuto un ruolo di facilitazione partecipativa o deliberativa, ma ha offerto un contributo importante attraverso la distribuzione di un questionario che ha ricevuto più di 10mila compilazioni. La forte richiesta di limitare la velocità nelle strade della città per restituire vivibilità ai luoghi era del resto emersa negli anni passati dai nostri laboratori: possiamo dire che la misura è anche una risposta a esigenze e bisogni che abbiamo da tempo registrato». 


L’immaginazione civica è una delle attività che la Fondazione IU promuove. Cosa può scatenare l’attivazione dell’immaginario nelle pratiche urbane?

«Ciò che serve è una dimensione forte di costruzione di relazioni, che dia spazio alle idee anche laddove non ci si aspetterebbe, trasformandole in risposte concrete per il territorio. Sono fortemente convinto che, nella costruzione di risposte ai bisogni, cittadini e terzo settore possano dare un contributo fondamentale, portando competenze, prospettive e punti di vista altrettanto validi quanto quelli degli esperti. Un esempio: molte città hanno sviluppato il bilancio partecipativo semplicemente lanciando un sondaggio online, invitando i cittadini a proporre progetti e poi votare quelli ricevuti. Noi, invece, abbiamo costruito un percorso che si sviluppa nell’arco di un anno. L’immaginazione che emerge da queste proposte può sembrare inizialmente naif o difficilmente realizzabile, ma grazie al processo di coprogettazione, queste idee si trasformano in progetti concreti, che hanno le carte in regola per poter essere realizzati». 


Quali le sembrano gli scenari più interessanti e innovativi in ambito urbano? 

«Vorrei evidenziare due direzioni di lavoro che, pur sembrando contrapposte, sono complementari alle sfide della città contemporanea. La prima riguarda il digitale, in particolare la creazione di strumenti predittivi chiamati Digital Twin della città, arricchiti da dati “caldi” provenienti dai cittadini e dal tessuto urbano. Stiamo lavorando a un progetto di Digital Twin urbano per integrare la nostra filosofia di ascolto e valorizzazione delle espressioni della città. L’altra direzione è l’attenzione alla natura in città, con materiali e soluzioni naturali per la trasformazione urbana. Con il percorso Bologna Verde, abbiamo avviato 12 progetti pilota che promuovono soluzioni basate sulla natura. Nel primo caso, l’ispirazione viene da città come Shanghai o Helsinki, che stanno modellando il futuro urbano con tecnologie sofisticate; nel secondo, da Parigi o città del Sud America, che puntano sull’incremento del verde urbano per l’adattamento climatico».


Quanto contano gli esempi esteri, e quanto la dimensione locale è irriducibile?

«La Fondazione IU è sicuramente uno strumento abbastanza unico, disegnato con una forte aderenza alle caratteristiche della città. Penso che sia importante che le città si dotino di strumenti come questo, ma ognuno deve farlo cucendo un po' il vestito su sé stesso, con una forte coerenza con i bisogni espressi da ogni realtà locale».


Giulia Zappa - Fiorentina di nascita e oggi parigina di adozione, si occupa di comunicazione nel campo del design, dove si appassiona senza soluzione di continuità ai grandi classici come alle ricerche speculative o ai progetti scalabili. Ha scritto per numerose testate tra cui Domus, Icon Design e Artribune. Oltre al giornalismo, collabora con le Nazioni Unite per lo sviluppo di progetti legati alle industrie creative e alle energie rinnovabili.

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