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SAF, cosa c'è dietro una sigla "green"

L’obiettivo Net-Zero 2050 in aviazione dipende in gran parte dall'adozione di carburanti sostenibili ma a oggi è pronto solo l’1% dell’infrastruttura necessaria. Dopo il primo volo commerciale 100% SAF tra Londra e NY, facciamo il punto sul reale stato dell’arte per rendere possibile questo cambiamento

Il primo aeroplano di linea completamente alimentato da SAF a effettuare un volo transoceanico da Londra a New York è stato un Boeing 787 di Virgin Atlantic, lo scorso novembre. L'evento è un passo storico, in quanto i Sustainable aviation fuel sono considerati decisivi nella transizione green dell'aviazione, benché il volo di test trasportasse solamente Richard Branson insieme al ministro dei Trasporti britannico, Mark Harper e pochi altri passeggeri.
 

Una carta su cui puntare

Di tanto in tanto, episodi simili conquistano i titoli dei notiziari: il primo test di un aereo completamente elettrico o un accordo commerciale di fornitura carburante “green” e così via. In effetti, i Saf potrebbero ridurre le emissioni in volo del 75-95%, ma sono oggi meno dello 0,1% di tutto il carburante utilizzato e il loro costo di produzione è ancora 2-5 volte più alto rispetto a quello del carburante tradizionale. I motori esistenti, inoltre, sono certificati per funzionare al massimo con una miscela del 50% di Saf, limitando la riduzione possibile di CO₂ al -40%. Le nuove tecnologie di propulsione come gli aerei elettrici o a idrogeno sono attese a maturità commerciale solo nel 2040.

Puntare sui Saf è, in ogni caso, la carta giocata dall'UE che, con il regolamento RefuelEU ha deciso la quota obbligatoria crescente di utilizzo di questo carburante, nei prossimi anni. I combustibili sostenibili sono originati da materie prime da economia circolare, come olio di cucina esausto e grassi animali di scarto, e una loro maggiore disponibilità commerciale è prevista a partire dal 2025. Per quell'anno i fornitori dovranno garantire il 2% di carburante Saf agli aeroporti dei Ventisette, fino al 70% nel 2050. In parallelo, i carburanti sintetici come l'e-kerosene, dovranno salire dall'1,2% nel 2030 fino al 35% nel 2050.

Ma al di là degli annunci e delle policy che lasciano ben sperare, qual è il vero stato dell'arte e quali sono le azioni, gli strumenti e i tempi necessari per assistere alla piena transizione ecologica?
 

Una sfida titanica

L'aviazione fa parte di un insieme di attività “hard-to-abate” non ancora allineate alla traiettoria Net-Zero 2050, come determinata dall'Agenzia internazionale per l'energia (Iea). È quanto afferma il “Net-Zero Industry Tracker” del World Economic Forum, che fotografa difficoltà e opportunità per la transizione “green” in aviazione, settore che contribuisce per il 2-3% alle emissioni globali.

Alcuni fattori strutturali complicano lo scenario verso il 2050. Per allora l'aviazione avrà un aumento della domanda del 317%, il più alto di ogni altro settore osservato dal report (nautica, trasporto stradale, acciaio, cemento, alluminio, ammoniaca, petrolio e gas), con un fabbisogno di viaggio da 6mila miliardi di chilometri “volati” da passeggeri paganti a 25mila miliardi di km.

Assumendo che tra sei anni la capacità di produzione possa raggiungere già i 17,3 miliardi di litri, questa dovrebbe aumentare di 27 volte per soddisfare l'obiettivo di 475 miliardi di litri all'anno di Saf nel 2050. Il punto di partenza, però, vede oggi i carburanti non fossili ad appena lo 0,06% del totale utilizzato, mentre a livello globale il traguardo è dell'85% per i Saf nel 2050. Ma non è tutto.

“L'infrastruttura attuale è inadeguata a sostenere lo sviluppo e la scalabilità dei percorsi di decarbonizzazione, specialmente riguardo la produzione e la disponibilità di materia prima dei SAF. Esiste meno dell'1% dell'infrastruttura necessaria”, si legge nel report che stima in 2.400 miliardi di dollari gli investimenti necessari sull'infrastruttura, con circa 0,9-1,5 trilioni a portata del settore. Il 18% andrebbe per la creazione di 7mila bioraffinerie, il 76% verrebbe assorbito dalla produzione di idrogeno pulito e un altro 6% andrebbe alle tecnologie per la cattura di 490 milioni di tonnellate di CO₂ e il trasporto per la produzione di combustibili sintetici PtL.

In tutto ciò, l'adozione di tecnologie a basse emissioni determinerà un ricarico dei prezzi del 350% a livello industriale, tra fornitori e compagnie aeree. Questo cosiddetto “green premium”, il maggiore tra i settori analizzati dal Wef, avrà effetti che andranno a riverberarsi sul costo del biglietto per il consumatore (+15%).
 

Mercato, politiche, capitali

Per la decarbonizzazione dell'aviazione serve dunque un nuovo mercato e questa fase iniziale potrebbe favorire l'inserimento di nuovi attori, più agili e innovativi. Serviranno nuovi contratti e filiere che possano ridurre i costi di produzione diminuendo i rischi per i primi investitori. Per la stabilità degli ecosistemi industriali giocherà un ruolo la definizione degli standard, in quanto esistono otto percorsi certificati di produzione per i Saf, rendendo complicati i criteri di tracciabilità e regolamentazione.

Sussidi, finanziamenti diretti e regolamenti internazionali sono tra le politiche ritenute necessarie per sostenere lo sviluppo dei Saf. Gli strumenti esistenti oggi sono il carbon pricing (Emission trading scheme dell'Ue), i tetti alle emissioni (CORSIA), le tassazioni dirette del jet fuel (Fit for 55), le certificazioni di performance e di standard, i sussidi e i crediti fiscali (US Blender's tax credit), le regolamentazioni dirette come l'Afir per lo sviluppo di aerei elettrici, il credito fiscale e le misure anti inflazione per la produzione di combustibile pulito, i finanziamento diretti, le partnership pubblico-private, gli incentivi tramite investimenti.

Ultimo ma non ultimo, il settore dell'aviazione ha bisogno di investire 5mila miliardi di dollari per la trasformazione net-zero al 2050, un dato che sottolinea l'enormità della sfida. Tradotto, significa 2,4 volte l'attuale impegno annuale delle compagnie, 78 miliardi di dollari contro i 185 miliardi necessari. Le tesi a favore degli investimenti in tecnologie a basse emissioni continuano a essere deboli, visti i ristretti margini di profitto dell'aviazione e un costo del capitale medio del 7%, il settore non sembra pronto ad assimilare spese extra e a generare ritorni soddisfacenti, esclusivamente da fondi interni o per attirare investimenti privati. Dal momento che il rischio è maggiore a livello di ricerca e sviluppo e diminuisce con la diffusione commerciale, saranno necessarie forme di finanziamento variegate a seconda del caso.


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