Geopolitica, economia, green e tech: i 4 scenari per il futuro del turismo

Geopolitica, economia, sostenibilità e tecnologia stanno ridisegnando il turismo verso il 2030. Opportunità e rischi si intrecciano. Ecco lo scenario immaginato dal World Economic Forum.

Un vecchio ponte affollato di turisti a causa dell'overtourism a Venezia

Il turismo è tornato a crescere a livello globale dopo la pandemia e anche nonostante le numerose crisi regionali, ma il futuro non è stato già scritto. A plasmare il settore sono e saranno quattro grandi forze tuttora in pieno svolgimento: le tensioni geopolitiche, le traiettorie di crescita economica, l’efficacia o meno della transizione verde e l’impatto della trasformazione tecnologica. Dall’interazione di questi fattori dipendono quattro ipotetici scenari al 2030, descritti dal World Economic Forum.
 

Un mondo di mille isole

È il panorama più prevedibile con la fine del multilateralismo e della cooperazione internazionale causato dalle crescenti tensioni geopolitiche. «La frammentazione dei sistemi di governance globale porta a una riduzione del 45% degli investimenti turistici transfrontalieri entro il 2030», è la proiezione. Se recede la globalizzazione, aumentano le restrizioni sui visti e crollano i viaggi intercontinentali, a favore dei viaggi regionali fino al 68% degli arrivi interni. A pagarne il prezzo è soprattutto l’occupazione: il settore perderebbe 22 milioni di posti di lavoro, in particolare nell’aviazione e nei servizi transfrontalieri, mentre i costi dei voli sulle poche rotte rimaste potrebbero crescere fino al 300%.
 

Orizzonti armoniosi

La prospettiva ottimistica: «Il PIL globale cresce in media del 3,8% annuo fino al 2030», le barriere si riducono e la domanda esplode. Le nuove classi medie di India, Indonesia e Nigeria arrivano a rappresentare il 43% della spesa globale per viaggi. L’occupazione diretta nel turismo raggiunge i 430 milioni di posti, con una crescita del 29% rispetto al 2022, e le donne arrivano a coprire oltre la metà dei ruoli manageriali in Asia e Africa. Ma la crescita porta anche nuovi squilibri: a Dubrovnik o Angkor Wat la densità di visitatori supera del 37% la capacità di carico ambientale, alimentando tensioni e rischi di overtourism.
 

L’ascesa verde

La sostenibilità diventa il motore del turismo. L’adozione di carburanti sostenibili per l’aviazione (SAF) potrebbe salire al 28% del totale entro il 2030, rispetto a meno dell’1% attuale. Cresce il turismo rigenerativo: il 68% dei viaggiatori privilegia destinazioni certificate dal Global Sustainable Tourism Council. Piccoli paesi come il Bhutan e altri 45 piccoli stati insulari scelgono il modello high value, low volume, con un calo del 37% della densità dei visitatori ma un aumento del 52% della spesa media pro capite. Al tempo stesso emergono nuove criticità: «1,2 milioni di camere d’albergo, pari al 6,8% dell’offerta globale, sono esposte a rischi di alluvioni ricorrenti».
 

Turbolenza tecnologica

Lo sviluppo tecnologico iperaccelerato porta a una penetrazione dell’AI nel 78% delle operazioni turistiche, ma resta il digital divide globale in aree arretrate come l’Africa. La personalizzazione estrema convive con la crisi di accessibilità: si intensifica la volatilità dei prezzi di volo a causa degli algoritmi dinamici fino al 300% mentre il turismo virtuale, destinato a una clientela attenta alle spese, raddoppia il suo valore, fino a 29,1 miliardi nel 2035 ma con un elevato costo ambientale ed energetico pari a 2,4 trilioni di kWh entro il 2030 e 1,2 miliardi di tonnellate di CO₂. Lo scenario include altri aspetti quasi fantascientifici: mediatori turistici AI, camerieri robotici (fino al 38%) e hotel abilitati con IoT ma anche minacce di cybersecurity (fino a 450 miliardi di dollari persi all’anno), crisi reputazionali tramite deepfake, competenze in rapida obsolescenza.
 

Il bivio davanti a noi

Gli scenari non sono alternativi ma nella realtà possono intrecciarsi tra loro. La sfida è governare il cambiamento. Il turismo può diventare «un catalizzatore di prosperità, resilienza e connettività culturale», come scrive il WEF, ma solo in presenza di investimenti in infrastrutture resilienti, decarbonizzazione, formazione e accesso equo alla tecnologia. Un settore che oggi vale oltre il 10% del PIL globale è davanti a un bivio: moltiplicare disuguaglianze e rischi, oppure guidare un futuro più sostenibile.


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