Overtourism e undertourism sono due facce della stessa medaglia, nella gestione dei benefici e dei problemi nel settore turistico

Overtourism e undertourism sono due facce della stessa medaglia, nel gestire dei benefici e dei problemi nel settore turistico

Da risorsa a problema sociale? L’insostenibile paradosso del troppo turismo

Il caro-affitti, l’affollamento indiscriminato e lo sfruttamento delle risorse naturali impongono il ripensamento di un modello di sviluppo turistico che sta mostrando i suoi limiti. Con un jolly da giocare: la mobilità sostenibile

Nessuna industria quanto quella turistica ci porta dritto nelle contraddizioni della contemporaneità. L'esperienza del viaggio, dello svago, della vacanza, del riposo sono aspetti fondamentali della vita, ma il loro sfruttamento intensivo negli ultimi anni è diventato un problema sociale e ambientale, che grava su città e comunità locali. 

La questione si pone innanzitutto in termini di numeri. Il settore, dopo la pausa forzata del Covid, ha ripreso la sua evoluzione esplosiva: per l'Italia nel 2025 si stimano oltre 146 milioni di turisti, con un aumento di 6,6 milioni rispetto all'anno precedente. Anche a livello globale, il numero di persone che viaggiano è in crescita, con un potenziale totale di circa 690 milioni di turisti nella prima metà dell'anno. 

Il risultato di questi numeri è una pressione quasi insostenibile sui luoghi più turistici, che sta diventando allo stesso tempo un problema sociale e un tema politico. In tutte le grandi metropoli europee sono nati movimenti contro la turistificazione e i suoi sintomi più evidenti (affollamento, terminal crocieristici, affitti brevi). A prescindere dalle questioni locali, questi movimenti chiedono tutti la stessa cosa: dare un senso del limite all'industria turistica, per cercare un compromesso necessario tra la fame del settore e i bisogni abitativi, economici e di mobilità delle persone che vivono i luoghi, non traggono nessuna utilità dal turismo ma ne pagano comunque molti dei costi.

Possiamo dire che quella del 2025 è stata la prima estate in cui il dibattito pubblico è esploso e il turismo è stato finalmente trattato anche come un problema sociale. Una delle voci chiave sul sovra sfruttamento turistico è la giornalista Cristina Nadotti, che nel 2025 ha pubblicato per Edizioni Ambiente il saggio Il turismo che non paga. Secondo Nadotti, ci sono dei segnali positivi di una maggiore consapevolezza sul fatto che il turismo rappresenti allo stesso tempo una risorsa economica e un problema per le comunità locali. «È a tutti gli effetti un'industria estrattiva, oggi è indispensabile un'innovazione che parta dalla constatazione che il modello usato finora non potrà funzionare per sempre, che serve una gestione diversa dei flussi». 

Da un punto di vista politico, le risposte più efficaci sono arrivate dal livello delle amministrazioni locali, quelle più vicine ai cittadini e che percepiscono di più i costi di questa industria estrattiva. «Quello che sta mancando però è il livello nazionale, dove si punta ancora a una crescita infinita, sia a livello di politiche che di comunicazione». Sono sempre più diffuse le certificazioni di sostenibilità delle destinazioni, come il protocollo GSTC elaborato dalle Nazioni Unite, e le località si stanno dotando di destination manager per gestire i conflitti. Tra i luoghi italiani certificati ci sono le città di Trento, Rovereto, Siena, ma anche la Via degli Dei o la Valsugana. Le regolazioni degli affitti brevi nelle città (anche con la stretta sulle keybox di Firenze, Milano e Roma) hanno fatto scendere gli annunci da 75mila a 66mila, allentando la pressione sui centri urbani. Alcune destinazioni hanno iniziato a gestire gli afflussi di auto (come Ayas, Monte Rosa, che ha potenziato il servizio navette), o gli ingressi (diverse località in Sardegna). 

Quello che manca è un coordinamento nazionale delle politiche. Nadotti invoca quello che secondo molti esperti è il cambio di passo necessario, cioè «un piano strategico nazionale del turismo che abbia obiettivi che non siano soltanto misurati sugli arrivi e sulle partenze, ma che parta dall'idea di base che il turismo è un'economia fondata su risorse finite. Serve un'integrazione più forte tra i vari ministeri, quello del turismo deve essere in grado di coordinarsi con quello dell'ambiente e con quello dei trasporti, senza questo lavoro comune non si può governare il turismo».

Un modello a cui ispirarsi è il lavoro che sta facendo il governo austriaco con il ministero federale della sostenibilità e del turismo, che sta effettivamente lavorando a una strategia nazionale, che include piani per espandere il trasporto pubblico e limitare quello privato, migliorare l'efficienza energetica delle infrastrutture turistiche, coinvolgere le comunità locali nelle decisioni e soprattutto diversificare, sia tra le stagioni che le località, mettendo anche dei limiti al numero di visitatori nelle destinazioni più affollate.

In Italia, secondo Nadotti, c'è anche un problema di dibattito pubblico, cioè di come parliamo di overtourism. «La turistificazione ha acuito problemi pre-esistenti, spesso si scarica tutta la responsabilità sui turisti, ma la crisi abitativa deve essere trattata come un sintomo che ha radici lontane. Trasformare questa sfida nella caccia al turista è una banalizzazione, così come misurarlo solo in termini di "caro ombrelloni", come spesso succede. Dovremmo parlare di economia, di società, di perdita di potere d'acquisto e salari, il turismo fa parte di una crisi sistemica molto più ampia, non può essere trattato in modo isolato». 

Un pezzo del ragionamento sistemico è considerare overtourism e undertourism come due facce della stessa medaglia. La situazione sulle montagne italiane è in questo un'infografica perfetta di queste contraddizioni, a fronte di alcune destinazione iper sfruttate dall'industria sciistica e degli sport invernali ce ne sono altre che sono in un avanzato stato di spopolamento e non riescono a godere nemmeno dei benefici minimi del turismo. Infine, secondo Nadotti, «la maggior parte dei problemi del turismo sono legati alla mobilità. Estenderla, diffonderla e governarla è lo strumento chiave per distribuire in modo più razionale i flussi. Il turismo deve avere un approccio di transizione come l'energia. Se per la transizione energetica le rinnovabili sono la tecnologia abilitante più importante, per il turismo quella tecnologia è la mobilità sostenibile». 

[Foto di Etienne Girardet su Unsplash]


Ferdinando Cotugno - È un giornalista. Nato a Napoli, vive a Milano e si occupa di sostenibilità, ambiente, crisi climatica. Scrive per Vanity Fair, GQ, Linkiesta, Rivista Studio, Undici e il quotidiano Domani, per il quale cura anche la newsletter Areale. Nel 2020 ha pubblicato per Mondadori Italian Wood, un viaggio alla scoperta dei boschi italiani, e conduce con Luigi Torreggiani il podcast Ecotoni.

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